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L’ansia e l’attacco di panico sono tra le situazioni più sgradevoli che un individuo possa vivere, ma senza di loro la nostra specie non sarebbe sopravvissuta. La domanda è: perché s’innescano queste reazioni? Potremmo interpretare queste risposte come dei meccanismi di attacco e fuga che ci strappano al pericolo.

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Volendo far riferimento alle origini della nostra specie, se davanti a un animale pericoloso ci fossimo fermati a riflettere saremmo stati divorati.
Il nostro cervello, in caso di paura, attiva quei sintomi che predispongono il nostro corpo all’attacco o alla fuga, il sistema limbico (l’area delle nostre emozioni) e, allo stesso tempo, diminuisce l’attivazione delle zone più cognitive e razionali, quindi l’area prefrontale e frontale.
Dinanzi a una minaccia il nostro cervello inizia a inviare segni particolari al nostro organismo, come quella tipica respirazione rapida e a piccoli tratti; la sensazione è la mancanza d’aria, in realtà aumenta l’ossigenazione e questo è il primo sintomo che provocherà tutto il resto. L’eccesso di ossigenazione procura, per esempio, l’aumento dei battiti cardiaci.
Possiamo presentare il problema da un altro punto di vista: quando interpretiamo uno stimolo o una situazione come potenzialmente pericolosi, si attiva il sistema che ci dice di scappare o lottare. Aumenta la vigilanza, lo “stato di allerta” e per questo l’attacco di panico è caratterizzato da fenomeni quali iperventilazione, tachicardia, formicolii, stordimento della vista, sudore freddo, sensazioni di perdita dei sensi. Tutti sintomi che il nostro cervello, guarda caso, inizia a inviare di fronte a una percezione di pericolo.

Gli attacchi di panico rappresentano un vero e proprio disturbo psicologico accettato dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e fanno parte dell’ampio filone dei Disturbi d’Ansia. In generale, l’ansia è una sensazione di smisurata inquietudine e preoccupazione, una condizione di allerta in cui l’individuo che ne è colpito vive un’eccessiva sollecitazione emotiva esprimibile in sensazioni di sgomento, paura, minaccia, pericolo alla propria vita. In tale ambito, il disturbo attualmente più diffuso risulta essere appunto il DAP, ovvero il Secondo fonti scientifiche (DSM IV- Manuale Diagnostico dei disturbi mentali) ne soffrono dall’1, 5% al 4% della popolazione europea, vale a dire una persona su 67 o una persona su 25. Sono circa 10 milioni gli italiani che hanno vissuto almeno una volta l’esperienza di un attacco di panico. Si tratta di un caso isolato per molti, che si trasforma però in una malattia in un caso su due, infatti secondo l’Alpa (Associazione liberi dal Panico e dall’Ansia), in Italia oltre 5 milioni di persone soffrono di panico. Non dimentichiamo poi quei due milioni per i quali la malattia ha assunto un andamento cronico con episodi ripetuti.

Gli attacchi di panico si attestano nella top 10 dei servizi psicologici più richiesti. È possibile osservare un aumento consistente tra il 2012 e 2014, mentre tra il 2015 e il 2016 le richieste si sono mantenute più o meno costanti. La presenza ininterrotta di questo malessere indica, evidentemente, l’esistenza di un forte disagio nella nostra società. Tra le cause più comuni è doveroso citare lo stress, altra patologia del nostro tempo. Purtroppo però non sempre la causa è riconoscibile. Il rischio è che si generi un circolo vizioso dal quale potrebbe essere difficile uscire.

Seguendo una terapia adeguata si può fare tanto ed è possibile guarire per sempre. In diversi casi, soprattutto se mal curati, è invece possibile una ricaduta. L’importante è non perdere mai la speranza e cercare di prendere in mano la situazione il prima possibile.

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FonteGuida Psicologi