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Constrastare il lavoro nero, e con esso il caporalato, e mettere in sicurezza le aree rurali alla luce della recente recrudescenza della criminalità. Ruota attorno a questi cardini il Piano generale d’intervento scaturito dalla cabina di regia riunita ieri pomeriggio dal prefetto di Taranto, Donato Cafagna.

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Interessate le associazioni di categoria agricole, Confagricoltura Taranto, Cia e Copagri, che hanno proposto un “pacchetto” di richieste in gran parte recepite dal prefetto ed entrate a pieno titolo nella sintesi finale. Al tavolo anche i sindacati dei lavoratori agricoli, Agenzia e Ispettorato provinciale del Lavoro, i sindaci del versante occidentale più quelli di Manduria, Sava e Grottaglie ad est, Inps, Inail, Asl e Spesal. Il piano, sotto il monitoraggio della Prefettura, mira sostanzialmente a migliorare le condizioni di lavoro nei campi, prevenendo situazioni di illegalità diffusa, promuovendo percorsi di integrazione per i lavoratori stranieri e di valorizzazione delle imprese agricole.
Confronto aperto sul documento che prevede una serie di impegni a difesa della legalità e per la limitazione dei fenomeni di sfruttamento in agricoltura, soprattutto a fronte della nuova e più rigida normativa penale che colpisce direttamente anche le aziende agricole, oltre che l’intermediatore. Un punto “caldo” sul quale le associazioni di categoria hanno chiesto un approccio meno inquisitorio e più sistemico. La legge sul caporalato, infatti, non incide in alcun modo su quelle sacche di inefficienza dello Stato o della Pubblica Amministrazione – assenza di validi servizi di intermediazione sul lavoro (collocamento), insufficienza della rete di trasporto pubblico nelle aree rurali, immigrazione clandestina, sistema di vigilanza poco mirato – da cui il caporalato trae linfa vitale.

Si è quindi ragionato sui controlli che dovranno essere assicurati dalle autorità preposte, così come sulle campagne di informazione curate dai sindacati e sulle azioni di sensibilizzazione delle organizzazioni datoriali. In particolare, l’assunzione dei lavoratori stagionali dalle liste dei Centri per l’impiego, l’adesione (incentivata) alla rete del lavoro di qualità, la segnalazione tempestiva delle irregolarità, ma anche l’adozione di sistemi di videosorveglianza nelle campagne e la possibilità di una rete logistica e di trasporto dei lavoratori in accordo con la Regione Puglia.
Due aspetti, quest’ultimi, su cui le organizzazioni di categoria hanno sollevato forti perplessità rispetto ai costi, non sostenibili dalle aziende, e chiesto il coinvolgimento diretto delle Amministrazioni pubbliche. Fondamentale, per le organizzazioni agricole, ribadire che “il lavoro agricolo merita la massima considerazione all’interno del contesto economico e sociale del nostro Paese e pari dignità rispetto al mercato del lavoro degli altri settori produttivi”. Punto di partenza per un elenco di soluzioni, a cominciare dalla riduzione dei vantaggi finanziari del lavoro sommerso, alleggerendo la pressione fiscale sul lavoro; riforma e semplificazione delle procedure amministrative (segnatamente, in termini di costi); miglioramento dei meccanismi di sorveglianza e dei sistemi sanzionatori.
Obiettivi chiari, dunque, e indicazioni da mettere in pratica. Non ultime una migliore attività di intelligence da parte degli Organi di Vigilanza nella selezione delle aziende da ispezionare, una maggiore attenzione alle violazioni più gravi e, di contro, un minor “accanimento” verso situazioni di presunta irregolarità meramente formale.

Infine, un’indicazione operativa per la stessa Cabina di regia, affinchè “predisponga un vademecum che detti i punti salienti dei controlli affinché, ognuno per la propria parte, sia attore nella diffusione della cultura della legalità e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

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