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«Il governo Renzi, con il decreto “Sblocca Italia” (legge 164/2014), ha dato il via libera a compagnie multinazionali del petrolio, di effettuare prospezioni geofisiche e successivamente perforare i fondali del mar Jonio, del mare Adriatico e del Canale di Sicilia.» Lo scrive in una nota il sig. Antonio Conte, coordinatore in Puglia di Agire Politicamente, Associazione di cattolici democratici.

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«Una delle risorse del nostro territorio e della Puglia intera – ricorda il sig. Antonio Conte – è il mare, con le sue coste. Sembra proprio che il turismo italiano ed europeo se ne siano finalmente accorti. Infatti cresce ogni anno la presenza in estate di vacanzieri provenienti dai grandi centri urbani, dal nord dell’Italia e dal nord Europa. Le sue acque limpide e le gradazioni dell’azzurro staccano netti sulla linea dell’orizzonte: con il cielo terso delle giornate di pieno sole dell’estate pugliese, diventa salutare già osservarlo per un po’. E’ meraviglioso! Dove la linea di costa sabbiosa si allunga e si perde in lontananza, lì è il trionfo dello spazio e dell’equilibrio. Riceviamo elogi e riconoscimenti da turisti, per la bellezza e la naturalità delle spiagge, ideale per le famiglie; e per l’aspetto paesano e rurale delle nostre località marine. Ma tutto questo è seriamente minacciato. Questo ecosistema naturale ed antropico può essere gravemente danneggiato da un momento all’altro, con conseguenze dolorose per l’economia delle nostre popolazioni e nefaste per l’ambiente naturale.

Da diversi mesi – prosegue il sig. Antonio Conte – si oppongono associazioni, cittadini, istituzioni, chiesa locale, parlamentari. “E’ un fronte trasversale, che non conosce distinzioni geografiche e tantomeno politiche […]sei Regioni hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale […], ultimo in ordine di tempo è stato il Veneto … si unisce a Lombardia Campania, Abruzzo, Marche e Puglia. […] In Abruzzo a sostenere le battaglie contro le trivellazioni ci sono anche i vescovi: assieme ai colleghi del Molise hanno sottoscritto una nota in cui si accusa il governo di non tenere conto della contrarietà delle popolazioni locali […] e chiedono l’emergere di una biociviltà che preferisca la vita al lucro, la cooperazione alla competizione” (da Repubblica, giovedì 22 gennaio 2015).

Questo fronte ampio di governatori di queste regioni, uniti con numerosi sindaci pugliesi; la Provincia di Lecce, la Provincia di Crotone, si sono opposti decisamente a questa forma di arroganza del governo Renzi, che favorisce le grandi compagnie petrolifere, i cui proventi vanno fuori dell’Italia a fronte di effimeri benefici e contributi, e rischi enormi di disastri ambientali; mentre esautora le Regioni della giurisdizione sul proprio territorio. “Si calpestano le competenze regionali, ha spiegato il presidente Luca Zaia (Veneto ndr), in materia di governo del territorio, turismo e salute. [… ] Benefici economici irrilevanti” (ivi).

Ce lo hanno ricordato alcune inchieste televisive sul petrolio della Basilicata (Presa Diretta, Piazza Pulita), dell’alta valle dell’Agri, riguardo alle preoccupanti alterazioni del paesaggio appenninico, del suolo e dell’aria, che non si possono ripagare con alcuni benefici occupazionali e di royalties per Comuni e Regione.
Tutto è in contrasto con gli orientamenti generali delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, in materia di tutela dell’ambiente naturale, del riscaldamento terrestre, dei programmi in vista di una riduzione dei combustibili fossili del 40% prevista per il 2030.

Le più grandi associazioni ambientaliste italiane: dal WWF al Touring Club Italiano, da Lega Ambiente al FAI, da Greenpeace Italia all’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia – evidenzia ancora il sig. Antonio Conte, hanno redatto un documento, l’ “Agenda ambientalista per la ri-conversione ecologica del Paese”, dal quale chiedono, tra l’altro, di rivedere “le disposizioni del Decreto Sblocca Italia (dl. 133/2014) […] delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi”. In questo documento si dice: “Bisogna essere innovativi e coraggiosi nel pensare e realizzare il nostro comune futuro, fuori dalle logiche dei “due tempi” – in un tempo per l’economia e un tempo per l’ambiente – e dei due forni – perché non c’è riscatto e dignità sociale senza il rispetto dei diritti costituzionali alla tutela della salute e dell’ambiente. Sono le grandi sfide che derivano dal contesto internazionale e da quello europeo che ce lo chiedono, come è stato confermato dalla sessione speciale sul clima dell’ONU del 23 settembre scorso”.

“Vogliamo dare una risposta a quello che consideriamo l’appello di Dio in merito alla situazione urgente e dannosa del riscaldamento globale”. Lo afferma una dichiarazione di alcuni vescovi cattolici riuniti a Lima nei giorni della XX Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP20), svoltasi nella capitale peruviana dal 1° al 14 dicembre scorso. […]La denuncia dei vescovi è molto chiara: La responsabilità principale di questa situazione ricade sul sistema economico globale dominante, che è una costruzione umana», e di cui si costata il «fallimento sistemico». Altrettanto chiare ed esigenti le richieste contenute nel documento, tra le quali: porre fine all’utilizzo dei combustibili fossili e rendere accessibili a tutti le energie rinnovabili […]” (da: Il Regno documenti, EDB Bologna, n°5 2015).

Mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, in un convegno della Conferenza Episcopale pugliese, su Ambiente e Lavoro, ha detto: “Non solo Taranto, con la questione dell’Ilva, vive il dramma delle ferite inferte da uno sviluppo molto poco eco-compatibile e di un piano industriale che deve essere profondamente ripensato, avendo come criterio il bene delle persone e la custodia del creato. E tutto questo non accade quando osserviamo[…] le trivellazioni al largo dell’Adriatico e dello Jonio che coinvolgerebbero tutte e sei le province del nostro territorio regionale” (dal Quotidiano di Puglia, domenica 22 febbraio 2015).

Risorsa inestimabile, il nostro mare, non lo è soltanto per i Comuni il cui territorio si estende fino alla costa – afferma il sig. Antonio Conte, ma lo è altrettanto per le popolazioni dei Comuni non rivieraschi, che del bene del mare Jonio e del mare Adriatico godono ugualmente. Per tanto sarebbe opportuno che, Comuni come: Crispiano, Martina Franca, Grottaglie, Montemesola, Statte, Mottola, i cui territori non sono bagnati dal mare, dedicassero un Consiglio Comunale monotematico a questa urgenza, ed eventualmente approvare un ordine del giorno di opposizione alla legge “Sblocca Italia”, così come hanno fatto altri Comuni, Province e Regioni. Bene hanno fatto il sindaco di Taranto, quello di Ginosa, quello di Avetrana ed altri, ad esprimere la propria contrarietà alle decisioni improvvide del governo. Il presidente del Consiglio regionale pugliese Introna, nei primi giorni di novembre scorso, ha incontrato l’europarlamentare Pittella, capogruppo dei socialisti europei, per fare un fronte unico Adriatico tra Italia e i Paesi balcanici dell’altra sponda, compresa la Grecia, e sensibilizzare i relativi governi del problema.

In questo momento – conclude il sig. Antonio Conte, coordinatore in Puglia di Agire Politicamente, Associazione di cattolici democratici – occorre fare fronte comune perché il mare è di tutti e mettere da parte la convenienza di schieramento politico; e insistere nel difendere, conservare e tutelare un bene comune e una offerta unica di risorse: quelle dell’ecosistema naturale ed antropico, peculiare e inconfondibile dell’ambiente mediterraneo, della nostra storia e del patrimonio artistico e culturale

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