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«Non ci basta sapere che il processo rimarrà a Taranto o che tutte le parti civili costituite nell’ambito del procedimento in Corte d’Assise siano state riconosciute, così come non ci basta che si parli esclusivamente del mantenimento di livelli occupazionali veri o presunti. Chiediamo che una volta sfumata l’ipotesi del rientro in Italia del miliardo e 300 milioni dell’ex Riva Fire , oggi “Partecipazioni Industriali”, a cui ieri la Corte presieduta da Petrangelo ha negato il patteggiamento, lo Stato non pensi di rispondere all’emergenza tarantina con altri decreti ma con un crono programma vero e risorse immediatamente esigibili.» E’ il commento di Paolo Peluso, segretario generale della CGIL di Taranto, all’indomani dell’udienza di ieri del processo Ambiente Svenduto, in cui la CGIL è costituita parte civile con la categoria dei metalmeccanici.

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«Non si può chiedere ai lavoratori di fare ancora sacrifici – afferma Peluso chiamando in causa il Governo a pochi giorni dalla riunione con il vice Ministro Bellanova relativa all’individuazione dei numeri riferiti alla Cassa Integrazione per gli operai dell’ILVA, mentre continuiamo a non avere certezza e informazioni ad esempio sulla gestione e le spese che i Commissari stanno compiendo sul tema dell’ambientalizzazione di quella fabbrica che continua ad essere un pericolo, è utile ricordarlo, soprattutto per le maestranze che ci lavorano dentro così come non abbiamo informazioni circa l’immediata disponibilità dei famosi 800 milioni di euro per un primo risanamento ambientale del siderurgico individuati nel nono decreto del Governo italiano.

Troppi slittamenti oggi consegnano alla città uno scenario devastante – conclude Paolo Peluso – con un indotto senza garanzie e con un accordo sulla Cassa per i diretti che come al solito fa pagare solo ai più deboli gli effetti di un passaggio epico per il siderurgico tarantino che invece lo Stato ha il dovere di accelerare in tutti i sensi e non solo dal punto di vista imprenditoriale

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