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Se si volesse fare una ricerca statistica, probabilmente emergerebbe che la parola “crisi” è una di quelle più utilizzate negli ultimi anni, tanto dai mezzi di comunicazione ed informazione che nei dialoghi tra i cittadini.

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Una crisi che dura oramai da anni, a volte strisciante ed altre volte devastante, che di certo ha segnato in maniera indelebile il nostro stile di vita, che quasi certamente non potrà più avere gli standard di cui godevamo anche solo quindici o venti anni fa. Se sui media nazionali tengono banco grandi questioni come il debito della Grecia o le difficoltà delle industrie italiane, a livello cittadino gli argomenti di discussione sono altri, forse numericamente più piccoli, ma non per questo meno importanti. Nonostante Grottaglie sia uno dei paesi più ricchi della provincia di Taranto, anche nella Città delle Ceramiche la crisi si sente, eccome! I numeri sono numeri e non lasciano spazio a illusioni di sorta: nel 2014 a Grottaglie hanno chiuso 48 negozi, soprattutto nel settore dell’abbigliamento, e sempre nel 2014 ben 28 pubblici esercizi, bar e ristoranti hanno cambiato gestore. Non va meglio quest’anno, anzi: nei primi 5 mesi del 2015 hanno chiuso 18 negozi anche se hanno aperto in 14. Zone un tempo ambite e ricercate per la loro posizione centrale soffrono oramai di un lento ed inesorabile spopolamento commerciale; basta fare una passeggiata su via Marconi per contare decine di locali vuoti, alcuni addirittura da anni. La stessa cosa accade su viale Matteotti o su via Calò, i locali che ospitavano importanti istituti bancari o prestigiosi negozi hanno da tempo le saracinesche abbassate, e la polvere è l’unica residente al loro interno.

Sulle responsabilità è difficile trovarsi concordi; da una parte c’è chi afferma che i canoni di locazione sono troppo alti e con gli eventuali incassi è comunque impossibile fare fronte alle spese di affitto ed alle utenze di luce, acqua e gas. Dall’altra parte i proprietari rispondono che su quei locali gravano tasse ed imposte sempre più alte, e loro sono giocoforza costretti a scaricare queste spese sull’utente finale. Altri danno la colpa ad una concorrenza più o meno sleale, puntando il dito soprattutto verso gli ambulanti abusivi, che offrono ai clienti soprattutto generi alimentari senza che apparentemente il loro operato sia soggetto a controlli sanitari e amministrativi in grado di individuare coloro che non sono in regola con la legge. Altri ancora affermano che siano i temibili “cinesi” ad aver affossato il commercio grottagliese, anche se – ad onor del vero – la crisi ha portato alla chiusura anche diversi negozi gestiti da cittadini orientali. In una sorta di guerra tra poveri i negozianti di ortofrutta si lamentano del contadino che vende per strada i prodotti del suo orto mostrandoli nelle cassette poggiate nel cofano della sua autovettura, i negozianti di abbigliamento si lamentano degli ambulanti – quasi sempre nordafricani – che girano il paese con i loro banchetti offrendo vestitini, cover per telefoni e piccola ferramenta, il cliente finale, oppresso dalle tante spese, cerca la soluzione più economica non di rado chiudendo un occhio sulla qualità, quando non sulla sicurezza del prodotto acquistato, e così via…

Ovviamente una situazione così complessa non può avere una soluzione semplice e rapida, ma è altrettanto vero che una soluzione va cercata e trovata, innanzitutto regolamentando il settore, facendo piazza pulita di chi non rispetta leggi e regolamenti, sia a livello igienico sanitario che amministrativo, comprendendo nei controlli anche una verifica dell’assolvimento degli obblighi previdenziali verso i propri dipendenti. Come è stato già detto, sbaglia chi ritiene che la crisi del commercio sia un problema solo di chi ha un negozio, innanzitutto perché il benessere economico di una società di riverbera in un modo o nell’altro su tutti coloro che ne fanno parte, ed anche perché non di rado sono proprio negozi e commercianti a fornire un efficace stimolo al decoro ed all’arredamento urbano, come nel caso dell’allestimento di luminarie natalizie o l’organizzazione di manifestazioni pubbliche, di cui comunque ne giovano tutti. Negozi chiusi e vetrine spente fanno una città più buia e triste, con l’aumento anche di atti di vandalismo e microcriminalità, e se è vero che ci sono attività che devono necessariamente fare i conti con l’avvento di nuove tecnologie (si pensi ad edicole, librerie, videoteche o rivendite di tabacchi) è altrettanto vero che ci sono situazioni oramai quasi endemiche che – se affrontate e risolte – potrebbero certamente favorire una rinascita, forse modesta ma comunque importante di questo fondamentale settore economico. Tocca a tutti – istituzioni, Enti, commercianti e acquirenti – nessuno escluso, fare la propria parte perché il fornitore di un bene o servizio è anche il fruitore di un altro bene o servizio e se si esaminano lucidamente ed onestamente i punti di forza e le condizioni di debolezza approntando poi strategie efficaci e collaudate, di certo un miglioramento ci sarà.

Grottaglie può e deve ripartire dalle sue eccellenze, la ceramica, l’enogastronomia, il territorio, ma i primi a crederci e ad impegnarsi devono essere soprattutto i grottagliesi.

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