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La letteratura e la guerra. Siamo in quel Centenario che ha visto protagonisti eroi e scrittori. Scrittori diventati eroi. Una generazione che ha testimoniato la propria fedeltà alla Patria. Noi abbiamo bisogno, in talune circostanze, di eroi, di veri eroi che sappiano dare esempio di lealtà e dignità. Una Patria senza eroi è una Patria morta. Voglio qui ricordare un personaggio che è stato esemplare dopo essermi occupato della “grande” letteratura .

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Il Tenente Francesco Occhinegro morì a Luico, nelle valle dell’Isonzo.
Era il 1917. Si preparono le celebrazioni del centenario della morte. Francesco Occhinegro è uno di quei soldati che diede onore alla Patria. Militò nel XX° battaglione.
Una Patria che nella generazione dei “ragazzi” del 1896 rappresentava una Nazione con l’idea forte della identità e di una cultura in un processo storico che continuava quel Risorgimento ancora non compiuto o mancato. Fu poeta e la poesia per lui rappresentò non soltanto un alto valore di visione spirituale dell’uomo, ma anche quella religiosità della parola che intreccia l’onore con il gesto eroico.
Soltanto dopo la Grande Guerra passò nel territorio provinciale di Gorizia. Comunque l’area era quella compresa nella geopolitica del Friuli. La Slovenia ora ha assorbito quel lembo di territorio. La Grande Guerra è stata attraversata dalle vite perse dei ragazzi nati alla fine del Secolo del Risorgimento e del Romanticismo.

Risorgimento e Romanticismo anche in Francesco Occhinegro hanno rappresentato non soltanto due movimenti in una temperie politica prima e storiografica dopo, ma soprattutto hanno incarnato un’idea di Nazione oltre la quale la geografia di un assetto territoriale rappresentava il vuoto, l’assenza di ideali, lo smarrimento. Mettere insieme la poesia come linguaggio di un esistere nella letteratura e nella vita e l’azione come gesto per difendere la sacralità del suolo patrio ha significato porre al cento, con tutte le sue strategie, un riferimento di motivata rappresentazione di una civiltà occidentale.

La Grande Guerra ha posizionato le vere frontiere tra Occidente ed Oriente e il linguaggio usato dal tenente France Occhinegro ha reinterpretato tutta quella tradizione che si deve poter chiamare civiltà. Perché in un militare la formazione letteraria è formazione di civiltà dentro le azioni. Una testimonianza che ha visto protagonisti delle menti eccellenti. Filosofi dimenticati come Domenico Sola (calabrese di Amendolara) hanno determinato una linea di pensiero che unisce l’interventismo nazionalista a quello socialista e cattolico. Militari di carriera e poeti e pensatori come Agostino Gaudinieri (arrivato a rivestire la carica di colonnello) hanno definito l’autorevolezza del concetto di Patria. Francesco Occhinegro con la sua poesia e le sue azioni hanno dichiarato la nobiltà del coraggio. Siamo nel mosaico di una generazione che ha creduto non alla guerra in sé, ma alla difesa di una Nazione e alla invalicabilità di una trincea oltre la quale si andava verso l’ invadere le frontiere. Certo, ci sono guerre che vanno ricordate per non dimenticarle e non dimenticare.

Ci sono guerre le cui gesta vanno celebrate sia per dare un senso ai morti che hanno sacrificato la vita sia per dare un orizzonte esistenziale al senso etico delle azioni che hanno sempre avuto riferimento nel principio del pensiero di identità e di civiltà.
Francesco Occhinegro, Medaglia d’Argento al Valore, resta uno dei principali protagonisti di una generazione che ha tutelato i valori della Patria rendendo immenso quel supremo capitolo con il linguaggio della letteratura. La sua poesia, infatti, resta non solo un elemento letterario e linguistico in un Novecento che apriva la sua storia difendendo i propri confini, bensì un modello, una testimonianza, una dichiarazione di fede.

Con la partecipazione alla Guerra e morendo in battaglia e dedicando la sua giovane vita alla poesia resta un martire e un eroe oltre che un poeta. Era nato a Carosino, in provincia di Taranto.

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