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Potrebbe sembrare una buona notizia, e forse per qualcuno lo è davvero. Certo è che costituisce uno specchio implacabile della situazione di crisi che attanaglia il territorio ionico. Parliamo della prevista riforma del catasto e dei conseguenti rincari sull’imposta che grava sugli immobili.

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Le città in cui i valori catastali sono i più lontani dalle quotazioni medie di mercato in una classifica di 103 comuni stilata dal Sole24ore sono Pistoia, Pesaro e Messina con differenze più che notevoli; si parla di un 284% per Pistoia, 273% per Pesaro e 267% per Messina. La base imponibile media a Pistoia è di 73.117 di valore catastale su 280.791 euro di prezzo di mercato, a Pesaro è di 77.780 euro su 289.939 e a Messina è di 45.545 euro su 170.653 euro. All’ultimo posto Pordenone con un imponibile di 112.368 euro su 150.684.

La graduatoria in questione prende in considerazione di tutte le abitazioni accatastate nel gruppo A per ogni comune. Vengono confrontati i valori fiscali con prezzi medi rilevati e rielaborati da Nomisma e aggiornati al secondo trimestre 2013, tenendo conto anche di diverse superfici degli immobili. Il divario medio tra prezzo di mercato e valore catastale delle abitazioni A/3 vede al primo posto Cuneo con divario del 366%. Viterbo è all’80esimo posto con un divario del 103%. Fanalino di coda Taranto con il 45%.

In altre parole, Taranto è la città con i valori di mercato degli immobili più vicini ai dati catastali, ovvero la città in cui – parlando di valore di mercato – le case valgono meno rispetto ad altre abitazioni con le stesse caratteristiche ubicate però in altri comuni.

Si potrebbe parlare degli effetti della crisi economica, che certo hanno pesato e pesano non poco nell’abbattimento dei prezzi, ma è vero anche che la crisi è generale e che – in questi casi – a volte il battone viene visto come bene rifugio per eccellenza e può capitare addirittura che in alcuni casi il loro valore tenda – se non ad aumentare – quanto meno a mantenersi su livelli stabili.

Sul crollo del valore delle abitazioni tarantine deve allora aver pesato un fattore locale che ha reso una casa a Taranto meno interessante ed appetibile di una stessa casa situata altrove. Quale sia questo fattore locale non è neppure troppo difficile immaginarlo, ed è forse più opportuno parlare al plurale piuttosto che singolare, ovvero parlare di fattori, in parte indipendenti tra loro ed in parte correlati.

Che Taranto occupi costantemente le parti basse delle classifiche che esaminano la qualità della vita e dei servizi è cosa nota oramai da anni, e questo è senz’altro un primo fattore. Un capoluogo di provincia in cui il numero dei cinema si conti sulle dita di una mano, la terza città più popolosa dell’Italia meridionale peninsulare con trasporti scarsi in quantità e qualità, un Comune economicamente dissestato con imposte alle stelle e servizi alle stalle non è certo il primo posto dove qualcuno vorrebbe vivere. E questo è un patto.

Amara ciliegina sulla torta sarà poi stata anche la ricorrente presenza di Taranto sui notiziari locali e nazionali per la questione ambientale, i danni alla salute dovuti all’inquinamento, la crisi che ha messo in ginocchio il porto e la grande industria.

Taranto sta faticosamente cercando di valorizzare le sue innegabili bellezze storiche e paesaggistiche, quasi sempre – occorre dirlo – grazie agli sforzi ed all’impegno di singoli ed associazioni private. Una città che cerca di essere appetibile per i turisti insomma, ma non ancora abbastanza interessante da voler stimolare progetti di permanenza a lunga scadenza.

Da questa realtà bisogna ripartire, perché i freddi numeri – purtroppo o per fortuna – non mentono, ed aldilà di grandi promesse e altrettanto grandi speranze sono quelli che fanno il bilancio economico e sociale di una città.

Certo realtà come Pesaro o Pistoia oggi sono per Taranto più lontane di Tokyo o New York, ma sono altrettanto certamente modelli da cui trarre esempi e spunti di miglioramento per cominciare a percorrere – meglio tardi che mai – il percorso che porterà Taranto a riscattarsi dal suo opprimente presente e ad essere all’altezza del suo scintillante passato.

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