
Qualsiasi avvenimento,anche il più nefasto e distruttivo, ha sempre qualcosa di “costruttivo”:sta a noi volgerlo in tal senso.Studiare e conoscere la Storia significa proprio far questo!
Eccomi a braccetto di Clio, la musa della Storia e scrivo di…Storia. Perché in questo misero e caotico clima politico, un po’ di orgoglio ed identità nazionale fanno bene. Lo dobbiamo a chi morì su quelle pietraie alpine. Una cartolina meravigliosamente… storica: è il 4 novembre 1919 ed è passato solo un anno dall’armistizio (patto di Villa Giusti) che entra in vigore il 4 novembre 1918 e che mette fine alla guerra sul fronte italo – austriaco, pochi giorni prima della conclusione generale del conflitto, che vede il crollo della Germania e dell’Impero austro – ungarico. Una vittoria che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: cifre che devono far riflettere, numeri da ricordare nella pazzia e follia delle guerre tutte che, ancora oggi, attanagliano il pianeta.
La guerra sul fronte italiano durò 41 mesi: più di tre anni di freddo e fame sotto il rombo delle artiglierie nemiche, con in prima linea ragazzi provenienti dalle più diverse aree geografiche d’Italia, che parlavano diversi dialetti tra loro ma uniti tutti dalla sola voglia di vivere e tornare a casa.
Migliaia di morti per conquistare e perdere qualche metro di terreno ed ordini, molte volte degni solo di un generale folle, incapace e stupido! E come dimenticare quei “ragazzi del “99 che, richiamati dopo Caporetto, immolarono la loro gioventù sulle gelide vette delle Alpi?
Si celebrava così, per tornare alla cartolina postata, per la prima volta nel 1919, anche la commemorazione dei caduti grottagliesi nella prima guerra mondiale, in una Piazza Regina Margherita affollata di gente in uniforme, grandi foto dei soldati locali morti in guerra, simboli, gagliardetti, bandiere sabaude al vento, reduci,mutilati,semplici cittadini,bambini curiosi e, magari, festanti. Il monumento ai caduti di via XXV luglio non c’era ancora, arriverà negli anni ’60. Quel sacerdote che vediamo in lontananza officiare la cerimonia sacra, davanti all’altare all’esterno della Chiesa Matrice, è l’arciprete Giuseppe Petraroli, un nome che nulla dirà alle odierne generazioni e ai crassi ignoranti ma che è stato una figura di tutto rilievo nella cultura, non solo religiosa, della nostra cittadina.
Ed al termine di questo mio breve scritto, non posso fare a meno di ricordare quel meraviglioso e suggestivo bollettino di guerra n°1268, il “bollettino della vittoria”, almeno nella sua fantastica chiusa finale: ”…I RESTI DI QUELLO CHE FU UNO DEI PIU’ POTENTI ESERCITI DEL MONDO RISALGONO IN DISORDINE E SENZA SPERANZA LE VALLI CHE AVEVANO DISCESO CON ORGOGLIOSA SICUREZZA.
4 NOVEMBRE 1918 ORE 12
ARMANDO DIAZ”
PS: due sole ore settimanali di storia nelle scuole? Non facciamo ridere: almeno 5!