Orecchiette fatte a mano
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Ecco le orecchiette grottagliesi: trascorrono gli anni, si diversificano le stagioni, mutano tempi e mode,si trasforma il territorio, tanta acqua passa e scorre sotto il ponte, sempre diversa: ma,fortunatamente, qualcosa rimane!

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L’orecchietta della fortuna, che in realtà è un augurio verso chi si vuol bene:alcune mamme di oggi (ma sempre meno, purtroppo: ci sono altri “ideali,interessi ed aspettavive”) continuano a farla quando preparano le orecchiette, portando avanti una tradizione domenicale che, senza “la rècchia cranni”, non è vera festa. Le orecchiette, quelle fatte in casa, le conosciamo tutti e sappiamo quanto siano buone; sono un piatto tipico della nostra cucina pugliese e a Grottaglie si fanno piatte, di media dimensione…non vogliamo strafare, noi figli di Ennio. Vengono preparate il giorno prima del loro consumo e fatte asciugare su un tavoliere di legno in fila ordinata e composta. L’orecchietta grande, se presente, colpisce l’occhio e la fantasia, ma anche il desiderio di trovarla nel proprio piatto come augurio e portafortuna.

Così ogni domenica, “la rècchia” girava di piatto in piatto e tutti speravano in qualcosa di buono dalla vita, come quando si compilava la schedina del totocalcio e una colonna poteva cambiare l’esistenza di una famiglia: si sperava e si sognava, sempre la… speranza, solo la speranza. Immaginate un po’ una tavola imbandita, il grande piatto al centro, l’odore di ragu’ nella stanza e nelle narici,anche le vie ne erano impregnate: era domenica, quando ci si poteva permettere il lusso di mangiare un po’ di carne e di stare a tavola con abiti piu’ puliti!

A chi raccontarlo! Chi ti crederà? Don Pietro De Amicis, sacerdote e poeta grottagliese scomparso, scrisse una poesia molto suggestiva nostalgica, in merito,dal titolo “La rècchia t’la furtuna”.

…Mai ‘na vòta alla mamma cu ‘cappava?
Ci puru la viteva, la scanzava
e tanta faceva,
ca la furtuna ‘rivava
‘na vota a me,
‘na vota a te:
‘rivava la furtuna a tutt’e tre.

La mamma riteva:
tre fili tinèva,
li tinèva int’ lu córi tutt’e tre.
Córi ti mamma,
fuécu e fiamma!

La rècchja t’la furtuna éti ‘na favula:
la furtuna t’li fili se’ tu, mamma!

O tempora, o mores… potessimo fermare il tempo…ma non si puo’, e forse, e’ piu’ giusto così!

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