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La micro e la grande storia nelle scuole italiane. È un percorso che dovrà trovare chiavi di letture per comprendere sia il valore di Nazione sia quello di geopolitica. È la microstoria che racconta i territori. La scuola italiana, e non solo, ha il compito di dialogare con la storia attraversando i territori nei quali si trova ad operare. Esempi. Dunque.

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Nella Prima Guerra Mondiale, come nella storia del Risorgimento italiano e nella stagione pre e post unitaria siamo oltre Porta Pia, ci sono stati soldati, ufficiali e militari di origine Italo – albanese che si sono contraddistinti per la loro azione. È una storia sempre più articolata che rientra in quel processo etno – antropologico che ha caratterizzato anche l’identità di una Nazione. In fondo una Nazione è un intreccio di etnie con alla base una forte appartenenza ad un incontro tra civiltà e popolo.

Se il Risorgimento è stato una fucina, rivoluzionaria o tradizionalista, per personalità del mondo Arbereshe c’è da sottolineare che un ruolo significativo hanno rivestito quelle personalità che hanno partecipato, in termini interventisti o in azioni militari vere e proprie, alle imprese che hanno permesso alla Grande Guerra di essere riferimento, in una strategia geo – politica tra un mondo che trasformava i confini, tra Paesi nell’incrocio tra Europa occidentale e dimensioni geografiche di un Oriente che tuttora presenta delle complessità politiche e delle realtà contestalizzate.

A fare la storia non sono soltanto, o non sono state soltanto, le grandi azioni o gli scontri di eserciti sul piano militare. La storia è stata fatta e continua a vivere la tradizione di un popolo attraverso i suoi eroi. Il mondo Arbereshe ha avuto degli eroi che hanno difeso e sono morti per una identità che è quella italiana.

Il libro, molto attento e resta pietra miliare all’interno dei processi che compie la microstoria dentro la grande storia, di Claudia Rende, dedicato a Ettore Manes, è uno scavo non solo nella riproposta di questo eroe morto a solo 24 anni in un “solstizio” sul Pave, ma costituisce una chiave di lettura per entrare nel rapporto tra visione complessiva dei fenomeni, che hanno portato allo scontro mondiale, ed episodi che vanno considerati non in termini generali, ma, come fa bene la Rende, sul piano della loro singolarità.

Ettore Manes di Castrovillari, provincia di Cosenza, al quale gli è stata dedicata la Caserma, è un indelebile scavo nella coscienza di un popolo. Il libro sottolinea, costantemente, questa versione perché giustamente, come dice la Rende, “le tracce fanno la storia”. Il saggio, il cui titolo è prettamente dannunziano: “Solstizio sul Piave. Ettore Manes ritratto di un eroe”, è pubblicato, in una pregevole veste editoriale, da “Arte26Editore”. Quali sono i punti salienti del lavoro? Il concetto di eroe, e Manes è tale.

La impostazione della struttura della ricerca che ha come punto di partenza l’identità di Patria, e lo si nota già con la citazione di Giuseppe Garibaldi recuperata nelle sue “Memorie”, anni 1860. La problematica generale che si muove tra la storia “storicizzata” e la storia vissuta da personaggi come Giuseppe Ungaretti e lo stesso Gabriele D’Annunzio. La sottolineatura sulla interpretazione di una guerra guerreggiata tra i corpi della fanteria.

La documentazione con alcuni documenti e foto che arricchiscono la ricerca. Da questa impostazione il capitano Ettore Manes assurge chiaramente non solo ad eroe, ma viene preso come esempio per una generazione che ha fortemente creduto nell’identità di Patria. Qui mi pare che la questione diventa fortemente innovativa.
L’esempio nell’eroicità per una Patria che è identità. Credo che è su questa strada che bisogna insistere come bisogna dare un senso a quel valore “etnico”, se si vuole chiamarlo così, che era nel cognome Manes.

L’Arbreshità non è una koiné. Anzi sarebbe potuta diventare un conflitto, ma se un merito va dato al popolo Arbreshe, in queste circostanze (dall’Unità d’Italia alla Grande Guerra sino al Secondo conflitto mondiale), è quello di essere stato italiano, pur nella sua etnicità, sino a difendere l’onore della Patria in un conflitto che vedeva schierati non solo le potenze austro – ungariche, ma anche le Nazioni dei Balcani.
In fondo è proprio nella geografia dei Balcani che si accende la fiamme del conflitto.
Manes, eroe nella (e della) trincea della guerra, ma profondamente radicato ad una identità della Nazione e il suo sacrificio viene compiuto nel nome della Patria.

Il libro è un contributo notevole, soprattutto per ciò che si andrà a dire nei prossimi mesi intorno al dibattito tra cause, concause ed eroismo dei soldati italiani nella Grande Guerra. Ettore Manes era nato nel 1893 a Castrovillari. Muore nella “Battaglia del Solstizio” o seconda Battaglia del Piave. Era il 1918. Un personaggio che racconta non solo la macro storia della Grande Guerra, ma soprattutto indaga nelle microstorie e attraversa la storia come geografia e come partecipazione ad un processo politico e nazionale.

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