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Oggi è il giorno del ricordo, l’anniversario dell’evento che – senza falsa retorica – ha in qualche modo cambiato il mondo. Non è stato il primo attentato a dimostrare la guerra in atto tra l’Occidente ed una frangia di estremisti medio-orientali, ma è stato certamente quello che ha avuto il maggior impatto mediatico, l’evento che ha dimostrato a tutti che nessuno è sicuro, in qualunque parte del mondo si trovi. Verranno poi gli attentati di Madrid e Londra, ancora altri morti ed altro dolore, ma nesuno, aldilà della fredda contabilità delle vittime, sarà devastante come quello che ha abbattuto le torri gemelle e colpito il Pentagono, due simboli, prima ancora che strutture reali, di un Occidente che si voleva colpire al cuore.

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Da allora ad oggi si sono sprecate teorie e ipotesi, c’è stato chi ha parlato di complotti interni e chi di “guerra santa” islamica, chi ha giustificato guerre e invasioni che hanno aggiunto lutti a lutti e chi ha visto in questa escalation il segno che la via dell’odio e del sangue non vede nessun vincitore, ma solo diversi gradi di sconfitta.

Oggi però è il giorno del ricordo, il giorno in cui forse la cosa più opportuna e tacere e ricordare la morte di chi una mattina è andato al lavoro o è salito su un aereo senza più tornare dai suoi cari, il sacrificio delle centinaia delle di vigili del fuoco, soccorritori e forze dell’ordine che hanno affrontato fuoco, fumo e detriti per salvare quante più vite possibile, l’escalation di paura e morte che ne è seguita.

Oggi la minaccia dell’ISIS, reale o virtuale che sia (perché anche questa è una delle ipotesi in campo) riporta alla tragica attualità la necessità di scegliere i tempi ed i modi in cui l’Occidente e l’Oriente devono confrontarsi e convivere. La alternativa è tra guerra e pace, con la guerra che nell’ultimo secolo ha già dato ampia prova della inutilità a lunga scadenza delle sue soluzioni. Non ci resta che la pace, difficile, costosa e complessa da costruire, ma – piaccia o non piaccia – l’unica – e forse l’ultima – scelta che ci rimane per assicurare ai nostri figli un futuro degno di essere vissuto.

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