Scavi in via De Gasperi
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Scompaiono dal Fondo di Sviluppo e Coesione (Fsc, l’ex Fas) le risorse destinate alle Regioni di Sud per la banda ultralarga, somme che vanno interamente al Centro Nord. La Puglia, oltre a quello che ha già speso con i fondi comunitari, fino al 2020 ha un fabbisogno di 639 milioni di euro, stimato dallo stesso Ministero dello Sviluppo economico. È quanto è emerso a Roma nel corso della seduta straordinaria della Commissione speciale per l’Agenda Digitale. Ad opporsi nettamente all’orientamento sull’uso del fondo Fsc, l’assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone, insieme a molte delle Regioni presenti.

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La posizione della Puglia ha avuto l’effetto di chiedere al governo un ripensamento sulle strategie di utilizzo del fondo Fsc e dunque una nuova istruttoria sulla spartizione delle risorse.

“Quanto è avvenuto è inaccettabile”, ha detto Loredana Capone. “La delibera Cipe strettamente richiamata nella bozza di accordo divide le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione con il criterio dell’80% alle Regioni meridionali e del 20% alle altre. Questo criterio non è stato tenuto in considerazione quando dalle parole si è passati ai numeri con le tabelle di ripartizione delle risorse.

È in queste tabelle che tutte le Regioni del Sud vengono meno, in contraddizione con la stessa funzione di quei soldi, destinati a garantire la coesione tra territori del Sud e del Nord. Il fabbisogno stimato per la banda ultralarga in Puglia in modo da coprire tutte le aree fino a 100 Megabit al 2020 (come prescritto dall’Ue) è di 639 milioni di euro, ma di tale somma non c’è traccia nella tabella di ripartizione del fondo Fsc presentata oggi. Che fine ha fatto questo fabbisogno? Perché la Puglia come altre Regioni scompare dalla tabella?

Quel fabbisogno invece rimane e deve essere coperto, in sintonia con le altre Regioni perché il nostro Paese è unico”. “Non accettiamo – ha puntualizzato l’assessore – che la somma del fondo Fsc per la Puglia sia pari a zero solo perché la nostra regione ha le risorse comunitarie del Fesr o del Pon. I fondi comunitari infatti, come è noto, devono essere addizionali e non sostitutivi altrimenti si impedisce l’uguaglianza e la democrazia dei cittadini in tutto il territorio dello Stato e si privilegiano solo alcune aree, sostenendo erroneamente che le altre siano state già soddisfatte.

Infine la bozza di Protocollo contraddice il concetto dei fondi Fsc che riguardano espressamente le politiche di coesione. Come è possibile dividere i fondi Fsc senza considerare le Regioni della Convergenza che sono quelle che più hanno bisogno dell’obiettivo di coesione?” “Allora il problema – ha concluso Loredana Capone – è intenderci su un principio di rispetto e di trasparenza. Noi non abbiamo nulla in contrario sulla divisione del fondo tra tutte le Regioni ma vorremmo essere rispettati in relazione al testo dell’accordo e soprattutto alle regole dei fondi comunitari. Chiediamo questo rispetto non solo per noi ma per tutte le Regioni del Sud e abbiamo fatto appello al governo perché la questione sia ripensata”.

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