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Il periodo più intenso del Carnevale dura sei giorni e va dal Giovedì Grasso al Martedì Grasso giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri che segna l’inizio del periodo Quaresimale.

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Grottaglie, come tante altre cittadine, ha sempre vissuto con allegria questa festa. Negli anni ’50 i vestiti di Carnevale erano costituiti per lo più da carta crespa di vari colori. Come si sa la carta crespa è molto delicata e quindi bisognava fare molta attenzione a non lacerarsi facilmente il vestito preparato con tanta cura. Ma il travestimento che più andava soprattutto tra i ragazzini era “lu purieddo”. “Ahè piccì ti ce t’è vistuto st’anno?”, domandava incuriosita una signora, “Ti purieddo signò” rispondeva il ragazzino e la signora sicuramente pensava “Eh figghiu… ca ce ste bisuegno cui ti vieste? S’è tanta purieddo…”. I capi che costituivano questo vestito erano molto semplici, la giacca ed il cappello del padre con l’ aggiunta di un ramo nodoso usato a mo di bastone. E le strade del paese pullulavano di tanti ometti vestiti “cu la copp’la e la giacca ti l’attane”.

Altro travestimento famosissimo era quello da neonato. Il neonato in genere era una persona adulta con tanto di cuffietta in capo e con al posto del biberon un bel bottiglione di primitivo. A completamento della performance da neonato non poteva mancare il classico ruttino/one d’ accompagnamento. Chiaramente essendo il tipo di mascheramento legato al ceto sociale ed alle disponibilità economiche di chi lo indossava, c’erano anche vestiti di maschere classiche che non sono mai tramontate nel tempo: il principe, la principessa, Arlecchino, Pulcinella e così via. Col passare del tempo e col miglioramento delle condizioni socio-economiche della popolazione abbiamo via via assistito a delle vere e proprie sfilate organizzate dalle scuole a partire dalla fine degli anni ’60 e che proseguono anche ai giorni nostri. Le maschere hanno sempre risentito di una forte influenza mediatica. Si passa allora da maghi, maghelli e ballerine dei varietà dei primi anni ’70, ai supereroi della Marvel e alle anime nipponiche della fine degli anni ’70 per arrivare ai più recenti personaggi delle serie televisive di adesso.

Da piccolo alle elementari ricordo tantissimi bambini vestiti da Zorro dovuto al fatto che la serie americana girata a fine anni ’50 fu programmata in Italia solo a partire dalla fine degli anni ‘60. Altri personaggi erano l’ Uomo Ragno e Actarus dovuto al grande successo che ebbe Goldrake a partire dal 1978. E le ragazze? Accanto all’ intramontabile vestito da dama del Re Sole con tanto di cipria sulla faccia era sempre la fatina quella che riscuoteva il maggior successo. Come non citare poi il vestito da cow-boy coi famosi cappelli di cartone coi cavalli stilizzati che si trovavano nelle edicole. A partire dagli anni ’80 poi avemmo una ondata di “nuovi purieddi” inteso come modo di vestirsi molto economico, senza pretese ma che rispecchiava tantissimo la moda del momento: li panchelle. Il vestito di “panchello” da intendersi come piccolo punk prevedeva unicamente il colorarsi la faccia, i vestiti erano quelli di tutti i giorni.

I panchelli si riunivano in piccole bande con tanto di manganelli di plastica. Si creava in paese una atmosfera un po’ surreale come quella di un fortunato film di Walter Hill del 1979: “The Warriors – I guerrieri della notte”. Ricordo un episodio avvenuto a metà degli anni ’80. Ero in giro per il paese a fare il bullo con i miei compagni di classe delle medie. A casa di uno di loro ci eravamo un po’ colorati la faccia e portavamo delle clave di plastica chiaramente vuote. La gente in giro ci guardava con sospetto come se fossimo dei teppistelli, ma in effetti era solo apparenza. Ad un certo punto mentre eravamo nei pressi della Chiesa del Carmine fummo vittima di una imboscata da parte di un gruppo di ragazzi più grandi mascherati che ci colpirono ripetutamente con dei manganelli imbottiti probabilmente con della sabbia causando dei ferimenti leggeri ad alcuni di noi e derubando i nostri manganelli.

Ai tempi del liceo invece ricordo che a Carnevale si creavano per le strade delle vere e proprie guerriglie. Ricordo un episodio in particolare. Preparammo un gavettone gigante da lanciare ai nostri colleghi dell’ altra sezione dello Scientifico. Mi incaricai personalmente di lanciare il gavettone da un marciapiede all’ altro del Viale. Il piano prevedeva che dopo il lancio sarei corso in Via Alfieri a prendere di corsa una macchina guidata da alcuni miei compagni di classe. E allora, lanciai il gavettone non appena sentii “Attenziò ste mena nu gavettone!” colpendo il bersaglio. Il gruppo allora cominciò ad inseguirmi mentre corsi per Via Giusti. Giunto in Via Alfieri vidi davanti a me la macchina con la portiera aperta. Ma qualcosa andò storto. Il mio amico per paura, vedendo la moltitudine che mi inseguiva si allontanò con tutta la portiera aperta sperando che ce l’ avessi fatta. Ma io non ci riuscii per un pelo. La folla mi aveva quasi raggiunto e allora non trovando via di scampo entrai nella sala giochi ddò lu Biondo. “Mimmo pi piacere famme sconnere ca mi vonu acchianno !”. Neanche il tempo di finire la frase che due del gruppo entrarono e chiesero al Biondo “Mimmo fallu assè” ed il Biondo con la sua flemma e in modo lapidario “Pigghiatlo!”.

Fui preso e riempito di schiuma all’ inverosimile, Da lì a poco scattò la nostra vendetta fatta di lanci di schiuma e gavettoni che durò per buona parte della serata fino alla notte. Il fascino del Carnevale era proprio quello, anche perché – e cii tengo a sottolinearlo – che scherzi e dispetti si facevano per gioco, perché comunque ci conoscevamo tutti.

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