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CGIL, CISL e UIL riaccendono i riflettori sul Porto di Taranto e lo fanno in un’altra delle fasi delicate di questa infrastruttura che danni, purtroppo, attende il suo reale rilancio e la sua collocazione strategica nell’ambito dei traffici internazionali.

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«La contingenza – afferma una nota stampa sindacale – è dettata dai lavori di infrastrutturazione che secondo i ben informati rappresenterebbero, dopo l’Expo, il cantiere più importante italiano, sia per estensione, sia per spesa prevista. Ma il nodo che pongono i segretari del sindacato confederale tarantino, Massafra, Fumarola e Turi, riguardano soprattutto il tema occupazionale. Perché per i lavori ai nastri di partenza sarebbero state individuate imprese dell’appalto che avrebbero tranquillamente evaso ben due impegni assunti alla Prefettura di Taranto, tra grandi committenze, parti sociali e associazioni datoriali: quello sulla legalità e quello sulla costituzione dei cosiddetti bacini occupazionali.

Chiedevamo, alla vigilia dell’apertura di importanti cantieri in città, tra AIA ILVA e Porto – dicono i segretari generali di CGIL, CISL e UIL – il rispetto di regole ferree in termini di legalità per evitare non solo procedure trasparenti per i lavori di potenziamento dell’hub tarantino, ma anche il rispetto di quella clausola sociale che è unica vera risposta alla crisi occupazionale locale.

La situazione in realtà – denuncia il sindacato tarantino – sarebbe di grave fumosità, con impiego di manodopera a basso costo, per lo più straniera e disposta ad accettare condizioni di lavoro da terzo mondo. Tutto in barba all’assoluta assenza di controllo da parte delle istituzioni preposte.

Non vogliamo che il Porto – dicono ancora Massafra, Fumarola e Turi – da occasione di sviluppo diventi luogo di sfruttamento del lavoro, ma anche il simbolo in negativo di una complessiva deregulation del mercato che pone al ribasso il tema dei diritti e delle garanzie e lascia tragicamente fuori proprio i migliaia di lavoratori tarantini che da anni subiscono sulla loro pelle, con cassa integrazione, mobilità e licenziamento, gli effetti di una crisi che rischia di impoverire il territorio per la seconda volta.»

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