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Gennaio per la nostra Grottaglie è un mese speciale, ricco di appuntamenti. In passato lo era ancor di più quando a partire dal primo gennaio si faceva già la prima processione dell’ anno: quera ti lu Mmamminu scapulatu. Infatti si faceva proprio una processione in onore a Gesù Bambino che iniziò a camminare già ad otto giorni. Il cinque Gennaio era un giorno particolare in quanto era tradizione mangiare nove cose, pi no murè curnute, tradizione che, da qualcuno, viene ancora oggi conservata.

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Il giorno dell’ Epifania per tanto tempo a Grottaglie è stato atteso da moltissimi bambini ancor più di quello di Natale. Fino alla fine degli anni settanta infatti i regali si ricevevano il giorno della Befana. Era molto più comune il detto :“Ce t’ha purtà la Befana?”, rispetto a :”Ce t’ha purtà Babbo Natale?”. I bambini in tempi molto remoti trovavano una calza vecchia rattoppata (nu caziettu rripizzatu) con qualcosa da mangiare dentro, come ad esempio qualche mandarino. I più sfortunati trovavano addirittura del carbone. Purtroppo la miseria mista all’ ignoranza di un tempo finiva col discriminare anche i bambini.

I bambini più poveri purtroppo ricevevano i carboni o molto più spesso non ricevevano niente come se fossero stati più cattivi dei bambini più fortunati di loro. E’ bene ricordare che era buona regola far trovare nella calza dei bambini insieme alle caramelle e a qualche mandarino, anche un pezzettino di carbone, per sottolineare che comunque poi proprio buoni buoni non erano stati.

C’ era addirittura una credenza che chi aveva ricevuto carboni rischiava anche di avere la visita ti lu conza craste, che non era altro che l’ artigiano che riparava i recipienti d’ argilla rotti “cucendo” tra loro i pezzi con delle suture metalliche ottenute dalle strutture metalliche dei vecchi ombrelli. Ebbene si diceva ai bambini “cattivi” che sarebbe venuto di notte lu conza craste a cucire loro la bocca.

Appena superato il periodo festivo e appena aver smontato albero e presepe a Grottaglie si comincia a respirare un’ atmosfera particolare: si entra nel periodo che porterà alla festa di San Ciro. Nel periodo immediatamente successivo all’ Epifania iniziano ad arrivare per poi essere montate le prime giostre.

Ricordo da piccolo quando andavo alla Calò (Scuola Elementare D’ Amicis di Via Calò) che era il periodo in cui ci affacciavamo dagli ampi finestroni a guardare gli operai che montavano le giostre. Cercavamo di capire come poteva essere fatta all’ interno la giostra della paura durante la costruzione, che avveniva sempre proprio accanto all’ istituto scolastico.

Vi ricordo che fino a qualche anno prima le giostre le montavano a Piazza Verdi. Non erano tante e belle come quelle di adesso, ma avevano il loro fascino come la storica “ballerina” che ho avuto la fortuna di poter riammirare durante “lu Fistone” di Villa Castelli. Le giostre cominciano ad entrare in funzione nella seconda metà del mese, proprio alcuni giorni prima ti quanna si ve ppigghia Santu Giru alli Paolotte.

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Infatti la domenica prima di San Ciro si fa la traslazione della statua del santo che viene portata dalla Chiesa dei Paolotti alla Chiesa Madre, dove rimarrà per circa due settimane. Il 30 gennaio è forse il giorno più bello del mese, con l’ accensione della Pira, le bancarelle lungo tutta Via Di Vittorio, le giostre nel massimo della loro attività e la possibilità di incontrare tanta gente di Grottaglie che vive fuori ma che volentieri torna proprio in questi giorni. Il giorno successivo poi è la festa di San Ciro con la processione che vedrà impegnati molti di noi a percorrere quei lunghissimi ed interminabili 4.800 metri che faremo comunque con grandissimo piacere.

Non posso non citare l’ ormai consueto appuntamento con “Medici per San Ciro”, organizzato tra gli altri dal Dott. Salvatore Lenti, in cui si parla ogni anno di diversi aspetti legati alla salute e che prevede l’ assegnazione di una borsa di studio ad un giovane medico del nostro paese.

Analizziamo ora un altro importante aspetto che il mese di gennaio ricopre per la nostra cultura. La realtà grottagliese affonda le sue radici nella civiltà contadina, la quale vedeva nel periodo di gennaio l’ occasione di fare determinate cose che avrebbero in qualche modo condizionato l’ andamento del raccolto per tutto l’ anno.

Gennaio alle nostre latitudini è il mese più freddo dell’ anno: non a caso il record di -10 °C fu raggiunto nel gennaio 1979, e questo bizzarro andamento era già stato anticipato dai nostri avi che dicevano : Ci scinnaru no scinnarescia, firbaru mali la penza; e ci marzu vole ni faci catè l’ ogna allu voe, ossia “se a gennaio non fa quel freddo intenso tipico appunto del primo mese dell’ anno, a febbraio ed a marzo può fare ancora più freddo”. Una cosa molto importante che veniva sottolineata in molti detti antichi era la potatura di gennaio, soprattutto della vite e di alberi come meli e peri: non di tutte le piante perchè ogni pianta andrebbe potata in un particolare periodo dell’ anno.

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Infatti la potatura di gennaio rallenterebbe la crescita di alcune piante ritardando la fioritura a dopo il periodo delle gelate primaverili: le temutissime scilate ti aprile. Si diceva infatti che “la puta ti scinnaru, rricchesci lu vuttaru”, cioè che la potatura di gennaio rendeva più ricco il fabbricante di botti in quanto poi si sarebbe prodotto più vino. La conferma viene anche dal detto “scinnaru siccu, villanu riccu” in quanto un mese di gennaio molto secco e rigido poteva uccidere molti parassiti nocivi alle piante.

Comunque sia veniva incentivato il lavoro proprio durante questo mese: “ci uè inchji lu ciddaru, zzappa e puta ti scinnaru”, insomma “ se vuoi riempire la cantina devi zappare e potare proprio durante il mese di gennaio”. Come in tutte le cose quindi il buon giorno si vede dal mattino.

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