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E’ Taranto la patria italiana del melograno. L’oro rosso, simbolo di abbondanza e di longevità e ricco di molteplici proprietà terapeutiche e antitumorali, viene prodotto in buona parte nelle campagne del Tarantino, territorio divenuto leader in Puglia (con una quota di impianti di circa il 70%) e in Italia (40%).

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E’ qui che alcuni produttori hanno trovato le condizioni ottimali per sviluppare una coltivazione innovativa, originaria dell’Iran e molto presente in Cina. In pochi anni gli ettari coltivati sono passati da poche decine a oltre 400, sparsi tra Grottaglie, Castellaneta, Ginosa, Massafra e Fragagnano, attirando l’interesse degli addetti ai lavori e conquistando consistenti fette di un mercato altrimenti terra di conquista del prodotto importato.

«Il lavoro fatto con il melograno – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – è la prova che in agricoltura si può innovare in maniera accorta e intelligente. Abbiamo la fortuna d’avere una terra generosa e condizioni climatiche ideali, il resto tocca farlo a imprenditori agricoli capaci di investire su produzioni e sistemi nuovi ma soprattutto in grado di assicurare reddito: quella sul melograno è senz’altro una scommessa vinta ed è il risultato dell’intuizione e della lungimiranza di chi ha fiutato la pista giusta».
E’ il clima particolarmente favorevole di quest’angolo di Puglia a rendere elevata la resa delle coltivazioni di melograno, soprattutto Acco e Wonderful, varietà impiantate anche in Sicilia (a Marsala, Trapani e Catania), Calabria (a Reggio), Basilicata e Campania. La prima è più precoce, ha una campagna che comincia nella prima decade di settembre e una produttività variabile dalle 25 alle 30 tonnellate per ettaro, mentre la seconda parte a ottobre inoltrato e produce tra 35 e 45 tonnellate per ettaro.

Giacomo Linoci, trentenne produttore di Grottaglie, è stato tra i pionieri dell’investimento nel melograno: «Ho cominciato ad interessarmene nel 2010 – dice Linoci – quando ero ancora studente e nel 2012 sono partito con i primi impianti. In breve tempo mi sono reso conto che il melograno è un elisir per i consumatori, viste le sue grandi proprietà antitumorali e la ricchezza di polifenoli, ma anche per i produttori, perché permette di recuperare alla produzione terreni di scarso rendimento e di ottenere un prodotto bello da vedere e sano da mangiare, perché privo di qualsivoglia trattamento chimico: i nostri melograni sono assolutamente biologici ed è la marcia in più rispetto a ciò che arriva dall’estero. Farlo capire ai consumatori è fondamentale, perché il clima e il territorio pugliese sono sicuramente tra i più vocati d’Italia per questa magnifica coltura e il gusto e il colore che le nostre melagrane riescono a raggiungere è incomparabile».

Numeri interessanti sia per l’investimento, sia per la resa: 18mila euro per impiantare un ettaro di melograno che va in produzione in tre anni e a regime dal quarto, con un ricavo netto annuo di 10-15mila euro. La chiusura del cerchio è arrivata con un’idea semplice ma efficace: utilizzare le acque di vegetazione delle olive nella fase di conservazione. Primo passo per la costruzione di una filiera vera e propria che sfrutta la grande versatilità del melograno, non solo come frutto fresco da tavola, ma soprattutto nella fase di trasformazione. Si va dall’estrazione succhi ai chicchi sgranati venduti in bricco (la cosiddetta quarta gamma) o surgelati (per la pasticceria), oppure alla possibilità di vinificazione grazie al succo fermentato molto simile al vino d’uva. Del melograno poi non si butta niente: buccia e nocciolino vengono usati per estrarre oli e sono anche impiegati in zootecnia per la capacità di migliorare carni e latte. «Sta nascendo una filiera completa – sottolinea Linoci – che ci permette di rifornire la grande distribuzione, i mercati all’ingrosso del Nord e Sud Italia e la rete dei bar. Da quest’anno, grazie all’estrazione succhi, si sta sviluppando un indotto attorno al melograno che dà posti di lavoro e offre una nuova possibilità a terreni prima inutilizzati. In più regala una prospettiva tutta nuova a Taranto e alla sua provincia, che ne hanno un gran bisogno».

E’ la stessa strada battuta da Davide De Lisi a Castellaneta, in contrada Terzo Dieci: una distesa di 120 ettari di melograni, di cui 40 già in produzione, che a breve diventeranno 210. Un progetto ambizioso che mira a costruire un distretto produttivo completo, dal fresco alla trasformazione: «Abbiamo già acquisito i terreni dell’ex Parco a tema Felifonte – spiega De Lisi – e tre capannoni per le fasi successive: quarta gamma ed estrazione succhi. Abbiamo scommesso su questa nuova coltura dalle enormi potenzialità e la fortissima richiesta che arriva dal mercato conforta la nostra scelta imprenditoriale. In Italia il consumo di melograno era insignificante sino a pochi anni fa, ora è in decisa espansione e in tutto il mondo è già un frutto conosciuto e affermato da tempo».
Merito delle qualità salutistiche, terapeutiche ed energizzanti che il melograno ha in comune con le bacche di Goji, un altro frutto “miracoloso” coltivato a Castellaneta: «Vogliamo creare – sottolinea De Lisi – un polo di agricoltura legata alle proprietà benefiche e salutistiche di melograno e Goji, frutti che hanno mercato nella gdo e anche nel settore farmaceutico. Tutto ciò, al netto di qualche lungaggine burocratica, lo realizzeremo nella Masseria Frutti Rossi, così chiamata per onorare questi frutti colorati e in grado d’innescare un meccanismo virtuoso: per l’azienda, capace di anticipare di un anno la produzione, e per il tanto lavoro che sta generando»

Insomma, piccoli tesori da gustare uno ad uno come pillole della felicità: una volta tanto anche per l’agricoltore che le coltiva.

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