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«Nessuno tocchi l’acqua dei Consorzi di Bonifica». Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, si mette di traverso rispetto alla possibilità, ventilata da parte di autorevoli esponenti del Consiglio regionale, di un trasferimento ad AQP della Sezione irrigazione e acquedotti rurali del Consorzio Centro-Sud Puglia.

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«Intanto – precisa Lazzàro – non esiste un automatismo legato esclusivamente al raggiungimento dell’equilibrio di bilancio, peraltro un obiettivo molto difficile da centrare in un solo anno e mezzo di attività e dopo decenni di conti in rosso, ma una valutazione più complessiva in cui rientra anche l’efficienza del servizio reso – o non reso – ai consorziati, ossia il pubblico pagante».

Un approccio troppo sbrigativo, a parere di Confagricoltura, creerebbe invece ulteriori difficoltà al settore agricolo: «La procedura è chiara – spiega il presidente di Confagricoltura Taranto – e prevede che sia la Giunta regionale, acquisito il parere non vincolante della commissione consiliare, a valutare “di anno in anno” il raggiungimento dei diversi obiettivi previsti. Del resto, sottrarre al consorzio unico la gestione della risorsa acqua e degli acquedotti rurali per farli transitare in AQP, dove incombe la longa manus della politica, non tranquillizza affatto gli agricoltori. Un’operazione del genere, oltre a certificare i dubbi e le perplessità che avevamo sollevato nel 2016 in fase di varo della riforma, non assicura che l’acqua costi meno ai consorziati, anzi temiamo l’esatto contrario, o che il servizio diventi magicamente più efficiente. Piuttosto, ci sembra un regalo ad AQP, senza nemmeno il fastidio di sporcarsi le mani con i problemi veri degli agricoltori.

La bonifica e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree consortili – sottolinea Lazzàro – non avvantaggia soltanto gli agricoltori e i loro terreni agricoli ma interi territori e gli immobili ivi esistenti: per questo, torniamo a ribadire, queste funzioni dovrebbero essere a carico della fiscalità generale. Ma ciò che ci preoccupa, ancora una volta, è che si evita di affrontare il tema assai spinoso del dissesto idrogeologico e del governo del territorio, spesso abbandonato a se stesso e con gli agricoltori solitari difensori di un equilibrio ormai compromesso.

Un approccio più meditato – conclude Lazzàro – dovrebbe indurre le istituzioni regionali a ragionare valutando tutti gli interessi in campo, evitando di far maturare la sgradevole sensazione che, una volta incartata la riforma dei consorzi, agli agricoltori si possa lasciare il cerino in mano, costituito da debiti, carrozzoni e infrastrutture fatiscenti».

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