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Chiamarlo sciopero non si può, ma dello sciopero ha in fondo tutte le caratteristiche. E’ la manifestazione che il primo giorno di agosto Confindustria Taranto ha indetto per mantenere alta l’attenzione sulla crisi che da mesi attanaglia l’indotto ILVA e – di conseguenza – l’intera economia ionica.

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Una crisi di liquidità e di prospettive, in cui le speranze e le promesse si alternano a delusioni e sconforto, una crisi che impone scelte drastiche e decise, che definiscano un piano industriale a medio e lungo termine e offrano risposte serie e credibili alle migliaia di persone che nel territorio ionico dall’ILVA, in qualche modo, dipendono.

«La manifestazione pubblica – spiega una nota di Confindustria Taranto – è volta ad esprimere il dissenso contro le ipotesi di deindustrializzazione del nostro territorio ed in favore della grande industria e degli investimenti che potrebbero contribuire a far ripartire la nostra economia» ed esprime il forte disagio delle ditte dell’appalto ILVA che da mesi non ricevono pagamenti per le loro prestazioni e che di conseguenza ribaltano questa stretta economica sulle retribuzioni dei dipendenti.

Appare tristemente ironico che a Taranto si manifesti per il lavoro in una data che – neppure troppi anni fa – era destinata soprattutto a progettare ferie e vacanze, ma tant’è, Taranto si trova certamente ad un bivio e nessuno degli attori protagonisti può tirarsi fuori dalla responsabilità di scegliere in che direzione procedere.

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