Chirurgia-estetica-iniezione
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Per la rubrica “Filo… Diritto!” ci scrive una lettrice: “Mi sono sottoposta ad un’operazione di chirurgia estetica per togliere un brutto tatuaggio sul braccio destro (volevo cancellare un nome che devo dimenticare). Il chirurgo estetico mi aveva rassicurato dicendomi che non si sarebbe più visto nulla e che il mio braccio sarebbe tornato come prima.

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Però sono rimaste delle cicatrici sul braccio e nonostante ben 10 mesi dall’operazione e mille creme usate non vedo miglioramenti e il braccio è conciato peggio di prima, mi vergogno porto sempre maniche lunghe. Posso chiedere i danni al chirurgo che ha peggiorato la situazione? Come fare?

Secondo la giurisprudenza, la responsabilità del chirurgo estetico rientra nell’ambito della responsabilità contrattuale, che trova il proprio fondamento normativo negli articoli 1173 e ss. del codice civile. Pertanto, con riferimento alla distribuzione dell’onere della prova, si applicheranno i criteri desumibili dall’articolo 1218 del codice civile. Ciò significa che il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto inadempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare il contratto ed allegare l’inadempimento del sanitario, restando a carico del debitore l’onere di provare l’esatto adempimento.

Trattandosi chiaramente di una obbligazione di mezzi, il paziente dovrà provare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, restando a carico del medico la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto o imprevedibile (Cass. 28 maggio 2004, n. 10297).

Per quanto riguarda la configurabilità di una responsabilità civile a carico del chirurgo estetico, diventa dirimente la portata dell’obbligo di informazione gravante sul professionista. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9705/1997, ha precisato che: “in tema di responsabilità professionale del medico il contenuto dell’obbligo di informazione gravante sul professionista chiamato ad un’operazione di chirurgia plastica, ha consistenza diversa a seconda che l’intervento miri al miglioramento estetico del paziente ovvero alla ricostituzione delle normali caratteristiche fisiche, negativamente alterate dallo stesso paziente mediante interventi consapevolmente praticati sulla propria persona, dei cui esiti egli intenda comunque liberarsi ritenendoli non più accettabili“.

Pertanto, la Suprema Corte ha stabilito che gli obblighi di informazione gravanti sul professionista hanno una portata diversa a seconda che si tratti di chirurgia estetica in senso stretto o di chirurgia estetica ricostitutiva (come nel caso della rimozione di tatuaggi). Nel primo caso, il chirurgo deve informare il paziente delle cause potenziali di invalidità o di inefficacia delle prestazioni professionali.

Nel secondo caso, invece, il chirurgo assolve ai propri obblighi nel momento in cui «rende edotto il paziente di quegli eventuali esiti che potrebbero rendere vana l’operazione non comportando in sostanza un effettivo miglioramento rispetto alla situazione preesistente».

Pertanto, nel caso segnalato dalla lettrice è fondamentale comprendere l’effettiva portata dell’obbligo di informazione gravante sul chirurgo estetico e se questo sia stato assolto o meno. Qualora abbia omesso di informare la paziente del fatto che l’intervento non avrebbe determinato un sostanziale miglioramento rispetto alla situazione preesistente, tenuto conto degli inevitabili esiti cicatriziali conseguenti all’intervento evidentemente prevedibili considerata l’esperienza del professionista, potrebbero sussistere i presupposti per configurare una responsabilità civile del chirurgo estetico.

 

 

Ricordiamo ai lettori che il contenuto di questi articoli ha una valenza generica e generale, e non può sostituire il parere di un legale relativamente a specifiche situazioni o casi individuali (N.d.R.)

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