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Alfredo Annicchiarico torna in libreria con “Gli Imperfetti”, il suo quinto romanzo edito da Di Marsico libri, che costituisceuna sorta di “seconda puntata” del suo primo “Visita di Stato” del 2007, di cui riprende alcuni personaggi ed i fili delle storie allora non concluse.

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Il romanzo è un poliziesco, e mai come in questi casi il dubbio che prende chi ne scrive è quello di dire troppo spiegando poco, la qual cosa priverebbe il lettore del piacere della lettura e della scoperta della storia. Un dubbio che in realtà in questo caso è poco più di un eccesso di precauzione, vuoi per la ricchezza della trama, che è impossibile svelare – anche solo per sommi capi – nelle poche righe di una recensione, e soprattutto per la capacità di scrittura di Alfredo, che rende questa sua opera, come le precedenti, un romanzo non solo da leggere, ma soprattutto da rileggere, per assaporare, come nel caso di un buon cognac, il sapore persistente che rimane sul palato dopo il primo sorso.

Alfredo sostiene di scrivere per hobby, sicuramente lo fa per passione e altrettanto sicuramente ad un mestiere oramai ampiamente collaudato, fa da utile supporto la capacità di variare schemi narrativi ed ambientazioni, caratteristica non comune che gli permette di non adagiarsi in monotone citazioni si sé stesso, pur mantenendo una produttività da stakanovista della tastiera. Leggere il suo “Gli Imperfetti” ed abbandonarsi ad una visione cinematografica della storia è un tutt’uno, in una Roma che si rialza nel Dopoguerra con le sue miserie economiche ed umane, con vincitori e vinti divisi più dalla loro forza che dalla altrui giustizia. I piani di lettura del romanzo sono diversi; a quello evidente di un poliziesco ben scritto ed articolato, si affianca quello legato agli orrori a cui può portare il fanatismo religioso, che sprofonda nelle abiezioni che pretende di combattere come una sorta di Ouroboro che si morde la coda nutrendosi ed annullando sé stesso, tanto attuale oggi con le paure provenienti dalla minaccia nerovestita dell’Isis proveniente da Oriente ma armata dall’Occidente. Ancora, c’è il variegato tema dei rapporti umani, da quelli professionali che sfociano in una amicizia forse mai completamente confessata e vissuta, a quelli sentimentali, condannati a non concretizzarsi mai per le differenze, più temute che effettive, e poi ci sono le meschine protervie del potere, quel potere sempre uguale a sé stesso che cambia le divise ma non il suo modo di fare, quel potere che non manca mai di cercare e trovare altri poteri da unire in un amplesso che stritola chi non è a loro utile.

Al sicuro interesse per un qualsiasi lettore, “Gli Imperfetti” di Alfredo Annicchiarico unisce una ulteriore peculiarità per i grottagliesi, specialmente per quelli meno giovani o appassionati di storia locale, che troveranno in uno dei personaggi, neppure tanto minori, del racconto una figura che richiama quella di un noto esponente politico del passato, cosa che non può non far riflettere sulle radici passate di un certo “status quo” presente, pur consapevoli che – come sempre – “ogni riferimento a persone ed avvenimenti reali è da ritenersi puramente casuale”.

“Gli Imperfetti” non è forse la lettura ideale sotto l’ombrellone; la trama avvincente e la scrittura scorrevole catturano da subito il lettore e rischiano di lasciarlo pallido d’abbronzatura e privo di bagni rinfrescanti, ma è un rischio che ci sentiamo di consigliare di correre, un po’ come quelli che, più o meno a malincuore, l’ex commissario Ferrari decide di tornare ad affrontare, sempre più consapevole di volere e dovere chiudere i conti con il suo passato, cancellato in parte dalla sua memoria ma non dal suo destino.

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