Madonna di Mutata
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Grottaglie e Martina Franca vivono da secoli in una sorta di confronto a distanza per la Madonna di Mutata, che a volte è sfociato in aperto conflitto, altre volte in caustica malignità, altre volte ancora in paragoni tra il rispettivo status sociale, culturale ed economico non sempre obbiettivi e privi di secondi fini.

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Non è questo il luogo per sviscerare una questione che ha radici così profonde, ma può però essere interessante analizzare alcuni dei motivi che stanno alla base di questa acrimonia.

La scelta della Madonna di Mutata

In un episodio precedente del nostro podcast dedicato alla storia di Grottaglie, abbiamo accennato alla presenza di una vera e propria foresta, composta da alberi d’alto fusto e vegetazione selvatica in gran parte esistente ancora oggi, situata in una zona al confine tra Grottaglie, Martina Franca ed Ostuni, denominata “Mutata”.

La maggior parte dei grottagliesi potrà raccontare con orgoglio il motivo del nome di quella zona e il perché il santuario ivi esistente appartenga alla diocesi grottagliese. Prima di raccontare anche noi, sia pure a grandi linee, questa storia a beneficio dei pochi che non la conoscano, occorre ricordare – ad onor di cronaca – l’ipotesi che vuole il toponimo “Mutata” originato dalla corruzione di Matuta, il nome di una divinità paleoromana che proteggeva quelle che oggi chiameremmo “madri surrogate”, ovvero quelle donne, a volte parenti delle madri naturali altre volte senza nessun rapporto con queste, che si prendevano cura dei neonati quando la madre naturale non poteva farlo.

A suggerire tale ipotesi, non solo la similitudine dei due termini, ma anche la statuetta in pietra di epoca romanica  della Vergine con Bambino, un tempo ospitata nel santuario ed oggi custodita nella Chiesa Madre di Grottaglie, che rievocherebbe gli ex-voto un tempo offerti a tale divinità, in un luogo quindi sacro sin da prima dell’avvento del cristianesimo ed evidentemente legato alla valenza simbolica della foresta, peraltro richiamato anche nella denominazione di Santa Maria in Silvis, con cui era conosciuto il santuario stesso.

Altre ipotesi, più prosaiche e quindi forse per questo, anche in omaggio alrasoio di Occam”, più probabili, suggeriscono invece che il termine “Mutata” sia da riferirsi all’atto della “mutazione”, ovvero al cambio dei cavalli dei messi o dei messaggeri, che veniva effettuato nella masseria adiacente al santuario dai viaggiatori lungo la vicina via Appia.

Tornando alla leggenda, si racconta che nella chiesetta, peraltro già esistente almeno fin dal X° secolo, fosse presente un affresco raffigurante la Madonna ed orientato a Sud, e quindi verso Martina, caratteristica che portava i fedeli martinesi a rivendicare i loro diritti su detto luogo di culto. Pare però che la loro dedizione non fosse esemplare e che tutto il santuario versasse in condizioni fatiscenti e così nel 1359 avvenne un fatto straordinario: l’affresco guardava a Nord, verso Grottaglie, e per effetto di tale eccezionale cambio di prospettiva, venne quindi chiamata Madonna di Mutata.

Ciascuno è libero di credere se il fatto sia realmente avvenuto e quanto vi sia di intervento umano o miracolo divino in questo, fatto sta che tutto ciò rese ovviamente felici ed orgogliosi i grottagliesi e molto meno contenti i fedeli di Martina Franca.

Umano, molto umano

Se il dissidio tra la diocesi di Grottaglie e quello di Martina Franca si fosse deciso solo per atto soprannaturale, nessuno dovrebbe dolersene; dura lex sed lex, ancor più se la decisione viene da così in alto. Come in tutte le cose umane però, i motivi sono molti di più, e tutti ben più banalmente pratici che una gerarchia devozionale.

A raccontarli sono Rosario Quaranta e Silvano Trevisani nel loro libro “Grottaglie – vicende, arte, attività della città della Ceramica”, e ne elencano diversi, tra cui la maggior antichità della città di Grottaglie, del suo collegio e dell’erezione dei canonici e perché a Grottaglie sottostavano i due casali di Civitella e Monteiasi.

Non fu l’unico vantaggio vantato dalla chiesa grottagliese, ve ne furono altri, tra i quali l’esenzione dalle sedicesime papali e la composizione a suo vantaggio di una lite con gli artigiani che avevano bottega sulla piazza che ospitava la chiesa matrice e che – col rumore delle loro attività – disturbavano le funzioni religiose.

Insomma, anche nelle faccende divine, l’umano ci mette il suo zampino, come ancora vedremo nelle prossime puntate del nostro podcast, ora ascolta questo.

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