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I soldi non danno la felicità”, quante volte lo abbiamo sentito dire? Tante, credo. E altrettante volte abbiamo avuto davanti agli occhi situazioni ed eventi che sembravano smentire questa affermazione. Donato Di Capua, con il suo romanzo “La croce dentro” (Casa editrice Kimerik) sceglie come protagonista un uomo che rappresenta proprio uno di questi esempi: ricco, potente, in grado di ottenere tutto quello che vuole.

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David Dickman Coiffman, questo il nome dell’Io narrante (e sarebbe interessante scoprire quanto la scelta di Dickman come cognome sia casuale e quanto non alluda al significato letterale del termine anglosassone…) vive con sé stesso e per sé stesso, compra quello che gli serve, paga coloro di cui ha necessità, che sia un autista per il giorno o una donna per la notte; ha una casa grande ed un cuore piccolo ma a lui va bene così, o almeno così pare. Poco a poco la sua via gli appare sempre più vuota ed arida, priva di un “qualcosa” che la renda davvero degna di essere vissuta come una esperienza che vada aldilà di effimere soddisfazioni egoistiche e materiali.

Comincia così un percorso di vera e propria redenzione, di scoperta di sé attraverso gli altri e degli altri attraverso sé stesso. David – novello Saulo sulla via per Damasco – viene raggiunto da una Luce che gli permette di vedere con occhi nuovi ciò che lo circonda, ciò che possiede e quello che potrebbe avere e – soprattutto – quello che davvero desidera. Come ogni cambiamento profondo, non si tratterà di un percorso veloce e neppure facile, ma per David il risultato sarà all’altezza dell’impegno profuso, e scoprirà finalmente il profondo significato dell’amicizia, della fede, dell’amore e dei rapporti familiari. David è – o potrebbe essere – ciascuno di noi, preso da sé stesso, attento solo ai suoi problemi ed alle sue quasi infantili esigenze, uno tra tanti, solo in mezzo ai suoi simili, un simbolo di una alienazione sempre più devastante per la società occidentale, che sembra ignara – per dolo o per colpa – di un passato fatto di solidarietà e comunione.

Anche (ma non solo…) per questo, il romanzo di Donato di Capua si rivela come una lettura interessante e stimolante, che mette da parte sterili bigottismi e asettici giudizi morali e stimola ciascuno di noi ad interrogarsi sulla propria vita, sui valori su cui la fondiamo e sui risultati che vorremmo raggiungere.

Non si smentisce Donato Di Capua. Ancora una volta, attraverso le sue opere, dà una lezione di amore, di speranza, di fratellanza. La croce dentro è una fotografia dei nostri tempi, l’immagine di un’esistenza in bianco e nero che lentamente si colora, prendendo vita, tingendosi di quei toni che solo un amore, il vero amore, quello con la “A” maiuscola, è in grado di produrre. L’esistenza di David Dickman Coiffman potrebbe essere quella di ognuno di noi. Perché non è necessario essere grandi uomini d’affari per perdere di vista l’importanza delle piccole cose. La società odierna ci costringe quasi a piegarci di fronte alla materialità, a invocare il dio denaro che pare il solo a essere capace di renderci onnipotenti. Come il protagonista di quest’opera, ciascuno di noi potrebbe ritrovarsi pieno fuori e vuoto dentro, una mancata corrispondenza che porta via con sé la felicità. E allora bisogna redimersi, bisogna tornare indietro e percorrere la via vera, perché quella Via è la Verità, quella Via è la Vita.

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