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È morto Zygmunt Bauman (Leeds, 9 gennaio 2017). Era nato a Poznań il 19 novembre del 1925. Un sociologo e un filosofo polacco, le cui origini rimandano alla cultura ebraica, infatti Bauman è stato uno di quegli studiosi che ha messo insieme, in un legame stretto attraverso processi culturali, l’aspetto sociologico delle società e gli elementi filosofici.

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Questi due aspetti sono di grande importanza, perché una società con le sue stratificazioni sociali, con il suo movimento di transizione nell’epoca del postmoderno, può essere letta attraverso diversi aspetti, attraverso diversi e articolati elementi di natura anche antropologica.
I due aspetti fondamentali di cui Bauman ha posto l’attenzione sono stati il consumismo di queste società che sono in transizione, soprattutto nella cultura della postmodernità, e la globalizzazione. Due punti fermi attraverso i quali Bauman ha esercitato quella sua ricerca la cui specificità è stata definita come “società liquida”. Infatti viene ricordato come un sociologo che ha posto all’attenzione i processi sociologici in sé, i processi filosofici, i processi antropologici in una determinazione ben definita che è quella, appunto, della “società liquida”, e su questi due elementi, il consumismo e la globalizzazione, elementi sui quali si è soffermato, sono da tenere in considerazione dal punto di vista della critica sociologia, la realtà del concetto di scarto, le vite di scarto, la vita dentro la globalizzazione e l’homo del consumismo.
Questo ha portato in seguito ad una omogeneità di aspetti, ovvero a quel contesto di espressioni che Bauman ha definito come l’omogeneizzazione delle società, in un percorso omologante, le società che si “spersonalizzano” e diventano elemento portante di una determinata realtà, che è realtà culturale. In questo discorso, è naturale che ci sia anche una morale vera e propria. Ma che cos’è la società liquida? E’ una società che consuma tutti i suoi aspetti, e che consumando questi aspetti, si scioglie. C’è un concetto molto forte di Bauman che dice: “Lo scioglimento diventa un processo continuo. Niente ha il tempo per solidificarsi e ciò che io chiamo modernità liquida, la modernità odierna, come i liquidi, non può assumere una forma per un lungo tempo”.
Tutto si consuma, tutto si perde, tutto si distrugge e in fondo, secondo Bauman, noi viviamo in questa società liquida, in questa società che tutto consuma, che tutto perde e tutto si perde e, perdendosi il tutto, si perdono anche i valori, si perde anche quell’aspetto dei valori che è dentro la dimensione di un processo di ramificazione vera e propria. Un processo di ramificazione che si muove tra alcuni concetti base: lo spazio e il tempo.

Sono del parere che questo rappresenti il dato significativo.
I suoi testi, soprattutto i “Fissaggi ultimi” e “La cultura nell’età dei consumi”, che risale proprio al 2016, hanno dato questa dimensione portante. Che cosa avviene nella cultura che vive nell’età dei consumi? Diventa una cultura anch’essa “liquida” perché tutto si consuma. Altri testi fondamentali: “Stato di crisi” del 2015 e “Futuro liquido. Società, uomo, politica e filosofia” del 2014. In questo testo si evidenzia come in un futuro, in un destino di una società che ha un futuro liquido, tutto diventa scioglibile, consumabile. Tutto diventa, sostanzialmente, non più resistente, definitivo, bensì perdente. Di conseguenza la società, l’uomo, radicati nella politica, nella filosofia, sono una vera e propria sorgente della liquidazione, e questo ha portato anche a definire la postmodernità attraverso una definizione in cui la nostra società, diceva Bauman, vive lo “spettro dei barbari” che non è soltanto una definizione storica, antica, ma è una definizione in cui nel tempo c’è questa visione, questo concetto dello “spettro dei barbari”.

Anche oggi si vive nel “buio del postmoderno”, infatti al 2011 risale il suo libro “Il buio del postmoderno”, ma Bauman aveva già definito questa dimensione della cultura e della” società liquida”, tant’è che anni prima aveva scritto “Paura della liquidità, paura del liquido”. Questo significa che anche in uno stato, in una società postmoderna, lo stato solido non dura nel tempo e il legame tra lo stato solido e liquido non fa altro che creare delle “società relative”. Ecco, allora, il movimento educativo di Bauman: in una società liquida, in uno stato solido, trionfa sostanzialmente il “relativismo,” e ciò che va recuperato, o ciò che si recupera, è “lo scarto”, questa società dello scarto.

In fondo, anche Papa Francesco ha tramutato il suo dire, il suo fare, il suo concetto, nella “relatività dello scarto”. Si comprende bene come anche Papa Francesco abbia un sua dimensione culturale in cui il “relativismo” diventa dominante. Bauman definisce il tutto in una “cultura del relativismo” perché viviamo in una struttura in cui lo “scarto” diventa fondamentale. Bauman, con la sua formazione marxista e “liquida” sembra aver dato alcune indicazioni a Papa Francesco.
Questa dimensione ha fatto di Bauman uno degli studiosi maggiori sul piano sociologico della nostra realtà, infatti egli sosteneva: “L’attenzione verso il corpo si è trasformata in una preoccupazione assoluta e nel più ambito passatempo della nostra epoca”.

Questo ci fa capire come all’interno di questa nostra contemporaneità i confini dividono lo spazio, ma non sono barriere, infatti Bauman sottolineava questo aspetto: “I confini dividono lo spazio, ma non sono pure e semplici barriere. Sono anche interfacce tra i luoghi che separano e, in quanto tali, sono soggetti a pressioni contrapposte e sono perciò fonti potenziali di conflitti e tensioni”.

Ritengo che questo sia un tema di grande attualità, di grande dimensione e di grande struttura del pensiero. Certo, io non concordo con questa dimensione del liquido di Bauman. Sono del parere che nelle società che hanno una identità, nelle culture che hanno una identità, nelle culture che possiedono una tradizione e, soprattutto, nelle culture che intrecciano l’Occidente e l’Oriente, queste visioni, queste dimensioni, sono prettamente forti.

Soltanto le società e le culture deboli, o le società e le culture “leggere”, vivono questa liquefazione, in sé metafora, della perdita dei valori. Perché nelle società di oggi manca l’ordine e manca, appunto, quel concetto di tramandare la tradizione. Bauman l’aveva capito bene, ecco perché disegna questa “società del liquido”, ma pur disegnando questa “società del liquido”, sembra completamente coinvolto ad accettare e “apprezzare” questa visione che è la struttura di un processo sociale che si scioglie.

Porre l’attenzione su questi elementi di struttura sociologico – filosofico, che diventa anche una struttura antropologica, significa recuperare identità, significa recuperare l’apprezzamento per l’appartenenza, all’interno di quei processi che sono processi storici, ma sono, comunque, completamente fusi all’interno degli intrecci tra cultura, società e etno – antropologia dell’umanesimo.

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