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Caro Avvocato,
permettimi di chiamarti così, come sempre, anche ora che ci hai lasciato..

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Ho qui tra le mani un volumetto sbiadito dal tempo, stampato poveramente a Taranto nel 1945. Si tratta del primo libro di poesie del raffinato letterato e poeta P. Michele Ignazio D’Amuri; un libriccino per me prezioso non soltanto perché scritto da un grande poeta della nostra terra, ma anche perché ti apparteneva e, perché nella tua bontà, hai avuto la delicatezza e la sensibilità di farmene generosamente dono in una di quelle sere sul finire degli anni Ottanta, quando in quell’impagabile circolo umano e d’amicizia che si riuniva nel “tabacchino” di Gino Dello Iacovo in piazza regina Margherita, non di rado comparivi tu, con l’immancabile sigaro e con quel sorriso rasserenante.

Era davvero straordinario ritrovarsi lì per prendere parte a quelle amene conversazioni tra amici che si protraevano per diversi minuti. C’erano più o meno sempre le stesse persone.
Ovviamente c’era “Giggino”, il padrone di casa, che orgogliosamente si compiaceva nell’accogliere gli ospiti: gli immancabili don Cosimo de Siati e don Cosimo Occhibianco e, modestamente, anche lo Scrivente; si affacciavano talvolta anche il professor Oronzo D’Amuri, il preside De Filippis, il professore Domenico Pinto e altri ancora attirati e incuriositi dagli argomenti di cui si chiacchierava: dalla vita politica, alla musica classica, dallo sport alla religione, dalla storia alla cronaca cittadina, alla tua e nostra Grottaglie che hai sempre avuto nella mente e nel cuore in tanti anni di impegno politico …
Il tuo arrivo costituiva per tutti noi un momento di arricchimento e di godimento per quella tua saggezza e sapienza nell’affrontare i vari problemi lievi o gravi che fossero, frutto di una preparazione culturale e di una amabilità umana invidiabili…
Col tempo i nostri incontri si sono diradati, ma non la stima e l’affetto che continuano a legarci spiritualmente anche ora che guardi dall’alto col tuo solito sorriso bonario.

Da quell’aureo volumetto di P. D’Amuri che si intitola “Onde”, voglio riprendere i quattro versi riportati sul frontespizio; versi che hai letto sicuramente tante volte. Eccoli:
“Onda che passa è il viver nostro, o Dio,
onda che passa e mai più non ritorna…
Onda, Signor, che passa è il viver mio,
onda che passa e in seno a Te ritorna.”

Tuo aff.mo
Rosario Quaranta

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