Lu Laùro, il dispettoso folletto grottagliese

In questa figura sembrano fondersi personaggi realmente esistiti e figure mitiche molto antiche per cercare delle giustificazioni popolari a eventi naturali considerati infausti ed inspiegabili.

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Lu Laùro: tra le tante creature sospese tra storia e leggenda, protagoniste dei racconti narrati davanti al camino nelle fredde notti d’inverno, o seduti davanti all’uscio di casa nelle afose sere d’estate, c’è sicuramente lu Laùru, uno spiritello che agisce esclusivamente di notte ed ha una fama controversa, a volte benevola ed altre volte dispettosa.

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Non è solo la sua reputazione ad essere contraddittoria, il suo stesso nome varia da zona a zona pur avendo il personaggio alcune caratteristiche che consentono di identificarlo in una comune origine mitica, poi diffusa con diverse varianti.

Lu Laùro: una figura molto diffusa

Quello che a Grottaglie è conosciuto come “lu Laùro” infatti, nel brindisino viene chiamato “scarcagnulu”, ed a lui fu dedicata una canzone in sanpietrese dal grande Domenico Modugno nel 1954. Curiosamente, nel dialetto grottagliese “lu scarcagnulu” è un mulinello che a volte si crea improvvisamente ed inspiegabilmente, con effetti che però possono portare ad immaginare lo zampino de lu Laùro.

Nel leccese è conosciuto invece come “scazzamurieddhru” oppure “laurieddhu”, nomi simili a quelli impiegati in altre aree della Puglia e del Meridione d’Italia: a Barletta è conosciuto come Schezzamurid, ad Andria come Scazzamrridd. In Daunia è noto come Scazzamurill, in Irpinia come Scazzamauriello, nel Vulture Melfese (nord della Basilicata) come Scazzamauridd, mentre in Abruzzo e Molise come Mazzemarill, Tummà nel barese e Avurie (o Aure o Laùre) della zona tarantina.

Il dispettoso folletto

Prima di approfondire la genesi e le possibili origini del nome, vediamo quali sono le sue caratteristiche: lu Lauro (in tutti i suoi sinonimi) è descritto come una sorta di folletto spesso brutto e peloso, con la corporatura di un bambino di circa tre anni, vestito con un abito scuro, quasi sempre di color marrone, scalzo ma con un cappello in testa.

Nonostante le sue piccole dimensioni, lu Laùro sarebbe molto forte e pesante, caratteristica che rende particolarmente fastidiosi gli effetti delle sue manifestazioni notturne, poiché si dice che lu Laùro abbia l’abitudine di sedersi sulla pancia o sul petto di chi dorme, rovinandogli il sonno, paralizzandolo e togliendogli il respiro. A questa caratteristica si richiama anche il nome Carcaluru, con cui è anche conosciuto, che deriva da “calcare”, “fare pressione”.

Oltre a guastare il sonno del malcapitato destinatario dei suoi scherzi, si dice che lu Laùro si aggiri di notte per le case, divertendosi ad intrecciare i lunghi capelli delle ragazze addormentate e le criniere dei cavalli.

Tira il cappello

Secondo molte versioni della leggenda, se si ha la prontezza di strappare il berretto a lu Laùro, lo si potrà costringere a rivelare il nascondiglio di un tesoro nascosto in cambio della restituzione del copricapo. Attenzione però, questo folletto è dispettoso e vendicativo e le indicazioni che fornisce possono essere tutt’altro che esatte, poiché trova spesso il modo di confondere l’interlocutore e salvare le ricchezze custodite!

In un racconto si narra – ad esempio – di contadino che era riuscito a catturare lu Laùro, obbligandolo a indicare la posizione di un tesoro nascosto. Il folletto, in cambio della libertà, rivela che il tesoro è seppellito in un campo dietro una particolare pianta. Il contadino lega un nastro rosso alla pianta e fa promettere a lu Laùro che non toglierà il nastro, poi va a prendere zappa e badile per scavare il terreno ma – amara sorpresa – al suo ritorno, vede che ogni albero nel campo ha un nastro identico.

Leggende simili pongono l’accento sul suo carattere burlone e scherzoso tanto che si dice che, se catturato, ridotto all’impotenza o privato del suo berretto, lu Laùro chiede se si vogliano cocci o soldi, ricambiando però l’interlocutore con l’esatto contrario di quanto richiesto.

Oltre a rovinare il sonno al malcapitato destinatario dei suoi scherzi, lu Laùro fa altri dispetti, come rompere i vetri delle finestre, far chiasso con le pentole in cucina, deridere e schernire chi si imbatte in lui.

Lu Laùro con gli animali

Con gli animali domestici ha un rapporto particolare; talvolta li cura e li nutre, talaltra li tormenta, ad esempio annodando le criniere e le code dei cavalli, creando trecce così resistenti che si diceva che l’unico pettine efficace fosse il crocifisso.

Capita anche che mostri di odiare un certo animale e amarne un altro e, per esempio, sottragga il cibo dal primo per darlo al secondo. Altro scherzo dello Laùre è causare lividi ed ecchimosi sul corpo di uomini e animali, chiamati a Taranto “pizzeche de l’Aure” (pizzichi dell’Auro).

Insomma, lu Laùro è un comodo capro espiatorio da indicare come colpevole di marachelle e guai combinati da ragazzi e adulti, venendo chiamato in causa ogni qualvolta in casa si verifichi un fatto inspiegabile o un danno più o meno grave

Lu Laùro non è però sempre cattivo e dispettoso, anzi! E se alcune improvvise fortune economiche sono state in passato giustificate come “acchiature” suggerite da questo folletto, altre leggende raccontano che per ingraziarselo gli si possono donare un paio di scarpe o si possono lasciare dei sassolini nelle proprie pantofole; lu Laùro apprezza queste gentilezze e le ricambia donando delle monete d’oro o indicando al suo benefattore il luogo dove è nascosto un tesoro.

È rappresentato anche come benevolo con le fanciulle, che protegge dalle angherie delle matrigne e delle padrone, arrivando a fare i lavori di casa al posto loro. Ama anche i bambini, e regala loro dolcetti e monete.

Origine del nome

Secondo molte tradizioni, lu Laùro può essere stabilmente ubicato di una abitazione che non l’abbandonerà mai, oppure essere legato ad una famiglia, che seguirà nei suoi vari traslochi e cambi di residenza. Questa caratteristica fa ipotizzare che il suo nome derivi dai “Lares Familiares“, figure mitiche (dal latino lar(es), “focolare”, derivato dall’etrusco lar, “padre”) della religione romana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni latine, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.

Queste caratteristiche si possono essere fuse con quelle dei Penati, che nella cultura latina designavano originariamente gli spiriti protettori della riserva di cibo della famiglia, ovvero il ripostiglio della casa e poi, per estensione, hanno assunto il ruolo di protettori della famiglia (Penati familiari), a cui successivamente si affiancarono i Penati pubblici (o maggiori), protettori dello Stato, il cui nome, secondo Cicerone, deriva dal latino penas, “tutto quello di cui gli uomini si nutrono”, oppure dal fatto che i Penati risiedevano nel penitus, la parte più interna della casa, dove si conservava il cibo.

Ogni famiglia aveva i propri Penati, i quali venivano trasmessi in eredità alla stregua dei beni patrimoniali e che venivano onorati con sacrifici che potevano avere cadenza occasionale o quotidiana.

Altra origine del nome potrebbe essere il termine “laura“, che indica grotte e cavità naturali un tempo abitate da monaci anacoreti orientali che tra l’VIII e XI secolo si insediarono nel Salento per sfuggire alla persecuzione iconoclasta cominciata da Leone III Isaurico, da cui anche il termine con cui il folletto è chiamato Munaciello o Monacieddhru e altri simili a seconda delle varianti dialettali, spesso riferite anche ad una origine partenopea.

O Munaciello

A Napoli e dintorni è infatti molto diffusa la leggenda de “O Munaciello, che alcuni arricchisce ed alri appezzentisce”, come ammoniva un vecchio proverbio. Questo personaggio ha un nome che letteralmente significa “piccolo monaco” ed alla versione salentina fa da contraltare quella vesuviana che – come spesso avviene – trova origine in un amore contrastato.

In questa versione della leggenda il folletto è rappresentato come un ragazzino deforme oppure come un uomo dalla statura bassa, che indossa un saio e scarpe con fibbie argentate e secondo alcuni è ispirato ad un personaggio realmente esistito durante il regno di Alfonso V d’Aragona.

In quell’epoca, a Napoli, Caterina, figlia di un ricco mercante di stoffe era innamorata di Stefano, un povero ed umile garzone. La coppia, per non farsi scoprire dalla famiglia di lei, si incontrava al calar della notte di nascosto, quando il ragazzo raggiungeva Caterina a casa sua attraversando un pericoloso sentiero e saltando sui tetti di Napoli.

La leggenda a Napoli

Una notte, per sua sfortuna, cadde nel vuoto perdendo la vita o – secondo altre versioni – fu vittima di un agguato tesogli dai parenti della sua amata. La povera Caterinella fu rinchiusa poco dopo in un convento, dove partorì un bimbo frutto di quella relazione clandestina.

Il bimbo nacque però deforme e la giovane madre cominciò a vestirlo usando un saio dotato di cappuccio, simile a quello che indossato dai frati domenicani. Divenuto ragazzino iniziò ad essere deriso per le strade della città e tutti iniziarono ad appellarlo con il soprannome di “O munaciello”. La sua inaspettata morte fu avvolta dal mistero, poco dopo infatti delle ossa di nano furono trovate in una cloaca alimentando inevitabilmente i sospetti intorno alla famiglia della giovane madre.

Il popolo raccontava di continuare a vederlo per le vie della città e a collegare al suo desiderio di vendetta tutti gli eventi sfavorevoli che si accadevano, così come improvvise fortune a segni di ringraziamento verso chi aveva mostrato pietà e simpatia.

Fantasia o realtà?

Se nella versione partenopea lu Laùro sembra ispirato ad un personaggio realmente esistito, è altrettanto probabile che in questa figura si siano concentrate figure mitiche molto antiche e spiegazioni popolari di eventi naturali considerati infausti ed inspiegabili.

Così, i disturbi del sonno potrebbero essere collegati al fenomeno della paralisi nel sonno ed alla sindrome della morte in culla, che colpiva i neonati facendoli morire con dei segni in corrispondenza dei polmoni.

La sensazione di oppressione che avvertiamo a livello addominale e che attribuiamo alla pressione esercitata sulla nostra pancia da lu Laùre è invece l’effetto di una difficile digestione o di episodi di reflusso gastro-esofageo che vengono esacerbati soprattutto se si dorme a pancia in su e magari senza cuscino, e che spesso si risolvono dormendo adagiati su un lato.

La spaventosa sensazione di immobilità e di morte improvvisa sono invece collegati ad una semplice causa fisiologica, ovvero alla azione della formazione reticolare attivatore  ascendente che rappresenta una porzione del midollo allungato, struttura che si trova alla base del cervello.

Questa struttura è responsabile dello stato di vigilanza e regola i cicli sonno-veglia e quando dormiamo impedisce agli stimoli sensoriali esterni di giungere massivamente al cervello, attenuandoli e permettendoci così di prendere sonno. Se ci svegliamo rapidamente accade che i centri corticali si attivino prima che la formazione reticolare lasci passare gli impulsi sensoriali e pertanto abbiamo per alcuni secondi la sensazione di essere paralizzati.

Il fenomeno poi delle code e delle criniere arricciate dei cavalli è legato alla presenza di un particolare tipo di bruco che va a scompaginare gli strati superficiali di cheratina creando appunto questo risultato.

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E tutti gli altri fenomeni, invece? Beh, per quelli possiamo ancora dare la colpa a lu Laùro!

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