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C’è un metodo quasi infallibile per scoprire se un libro è davvero interessante: rileggerlo dopo qualche anno dalla sua pubblicazione. Il megafono spento” di George Saunders (Edizioni Minimum Fax) supera a pieni voti questo esame e si rivela anzi ancora più attuale di quando, nel 2009, venne proposto al pubblico italiano.

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Diversi sono gli argomenti che rendono stimolante la lettura di questa raccolta di saggi brevi, riflessioni e reportage di viaggio. Il primo articolo, “L’uomo col megafono”, offre una analisi acuta e disincantata di quello che oggi è il mondo della comunicazione e della informazione, un mondo dove – per usare una illuminante metafora dell’Autore – sono sempre più protagonisti quelli che hanno il loro megafono virtuale regolato con la manopola di Intelligenza al punto più basso e la manopola di Volume al livello più alto. La descrizione di come un classico servizio da telegiornale della sera in cui un inviato commenta l’affollamento del parcheggio di un centro commerciale nel periodo di Natale è diventata un apprezzato resoconto di cronaca e non un banale e noioso racconto è esemplare, come lo è l’analisi del “costo” economico e morale di una informazione deficiente che ha perso la sua capacità di discriminare i fatti o il calcolo degli effetti della differenza tra immaginazione e realtà, moltiplicata per la violenza delle intenzioni di una società che (re)agisce ignorando o travisando i fatti.

Saunders non ci va leggero, ma se si vuole veicolare il messaggio ad un pubblico oramai quasi completamente ottenebrato da pettegolezzi e reality show non si possono usare mezze misure; spiega che dietro lo stravolgimento della informazione non c’è nessun Grande Fratello o qualche Potere più o meno forte, solo una serie di persone che debbono badare al profitto delle loro agenzie, che un tempo – analizzando un fatto – si chiedevano: “E’ una notizia?” ed oggi si chiedono; “Farà colpo?”. C’è una sorta di analfabetismo di ritorno che ci sta riportando a livelli sempre più bassi, stiamo ritornando eterni bambini perché ci stiamo negando l’uso delle nostre facoltà più elevate e stiamo correndo verso il baratro. “La capacità di una cultura di capire se stessa e il mondo – ci ricorda Saunders – è fondamentale per la sua sopravvivenza. Ma oggi siamo guidati nell’arena del dibattito pubblico da veggenti che sanno soprattutto tenerci incollati a guardarli”.

Alla luce dell’analisi fatta da Saunders nel suo saggio iniziale, gli altri articoli proposti nel libro appaiono sotto una luce ancor più interessante, perché all’immediato piacere di leggere intriganti reportage di viaggio o esilaranti ricordi personali, si aggiunge la quasi automatica immagine di come gli stessi fatti potrebbero essere narrati dalla informazione odierna: che si tratti dell’opulento sfarzo di Dubai, costruito sulla miseria di migliaia di lavoratori stranieri o la grottesca cronaca delle ronde di confine tra Messico e Stati Uniti organizzate da volonterosi ed un po’ impacciati cittadini, passando per il sempre più elevato livello di violenza e sesso esplicito presente nei media, l’Autore attua alla perfezione il motto latino “castigat ridendo mores” autodefinendosi “bacchettone” e immaginando come riuscire ad adattarsi alle mode imperanti, con un approccio che ritroviamo anche in “Esperimento mentale”, per sviluppare un nuovo (?) modo di guardare ai fatti del mondo, più o meno vicino a noi.

Altrettanto coinvolgente, in “Grazie, Esther Forbes”, è il racconto che Saunders fa del modo in cui ha apprezzato la scrittura ed il modo di “limare” le frasi prima di proporle al lettore, una impostazione che ritroviamo anche in altri articoli presenti nel libro, quando si confronta con il panorama della letteratura o con le opere di Donald Barthleme, Kurt Vonnegut o Mark Twain.

Infine, per chiudere in bellezza così come era iniziato, il libro riporta il “Manifesto. Comunicato stampa del CUA”, dove l’acronimo indica coloro che sono “ Contrari a Uccidere per un’Astrazione”, un manifesto ancora più attuale oggi, quando alle vittime degli attentati in Occidente riproposte a ciclo continuo nei notiziari fanno da silenzioso e spietato contrappasso i centinaia di morti quotidiani a poche centinaia di chilometri delle nostre case di cui non sapremo mai niente, vittime di faide tra etnie, guerre tra nazioni, armi più o meno intelligenti, trafficanti senza scrupoli e quanto altro di peggio l’Uomo è riuscito a pensare per offendere, umiliare ed uccidere i suoi simili.

A quelli che ci contrasteranno, posso solo dire: Siamo in tanti. Siamo in tutto il pianeta. Anzi, siamo molti più di voi. Anche se fate più chiasso, anche se increspate per un attimo l’acqua della vita, noi dureremo e vinceremo.
Unitevi a noi.
Resistere è inutile.”

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