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“Per Amore del Padre”, l’ultima commedia in tre atti scritta e diretta da Valerio Manisi, non poteva avere titolo più idoneo. I due grandi temi che si narrano e si intrecciano in una sequenza mozzafiato e divertente, sono proprio il senso dell’Amore e il significato che lo stesso ha nella difficile quanto semplice relazione tra un padre (una madre) e un figlio (una figlia).

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L’evoluzione dell’amletica scelta che la vita pone davanti a don Amedeo, è il filo conduttore che detta i tempi della rappresentazione teatrale. Il destino bussa alla vita di don Amedeo quando, la fidanzata, tanto amata, Maddalena torna, a distanza di 10 anni dalla scomparsa in luoghi di guerra. Da quella scomparsa c’è la scelta di vita del giovane Amedeo che abbandona gli studi di filosofia per consacrarsi alla vita sacerdotale. Quell’enorme dolore, Amedeo trova il senso di una vita felice ma non libera, ben rappresentato nel primo atto. Allo stesso tempo, quella che doveva essere una grande gioia per il ritorno di Maddalena, e non solo, provoca un tracollo continuo nella vita di Amedeo rappresentato nel secondo e nel terzo atto. Ecco, tutti i doni e i consigli di vita che dispensava ai suo parrocchiani, non hanno dato frutto nella vita del prete dimostrando come, l’uomo che sembrava il più forte, era in realtà il più fragile di tutti. Fragilità che emerge anche nel rapporto tra Amedeo e mamma Maria quando si scopre come, quest’ultima non sia in grado di voler la felicità del figlio e asseconda le malelingue per indirizzargli la vita.

Il terzo atto diventa il momento del ribaltamento del giudizio, in cui si comprende come un uomo, Gioacchino, ha la forza di accettare i continui tradimenti della moglie Anna con l’Arcangelo e il Gabriele (che poi diventerà il Michele), tanto da diventare pazzo, per la voglia di paternità che sente nel profondo. Emerge la forza dell’orgoglioso professore di filosofia, in grado di ravvedere le sue convinzioni sull’omosessualità per amore della figlia. Emerge la forza del padre di Nicola, che accetta di essere continuamente derubato dal figlio per amore di quest’ultimo. Emerge la forza di Rita, devota del Signore che trova il modo per superare le scomparse familiari attraverso quella devozione tanto ostentata. Emerge la forza del sacrestano Pietro, che finalmente nel finale non è più il Simone che rinnega la chiamata all’amore del Padre. Emerge anche la forza del piccolo e simpatico chierichetto che comprende come, non tutto può essere comprato e che la gratuità viene direttamente da Dio.

Tutta questa forza non c’è in don Amedeo, tanto da mettere in discussione il tutto, affidandosi al più cinico e ingiusto degli insegnanti di vita, il caso. In un finale drammatico in cui viene rinnegato l’essenza dell’amore cristiano; dimostrerà che a parole era pronto ad essere un padre, nei fatti ha scelto di rimanere eternamente figlio. Tutto questo e tanto altro c’è in quest’opera curata nei più minimi particolari, dalla scelta dei nomi di biblico richiamo, all’allestimento scenico dove tutto ha un senso, da un tavolo posto a mo’ di altare alla presenza o meno di quadri appesi ai muri.

Rappresentazione premiata anche a livello nazionale, dimostra la continua crescita del nostro Valerio Manisi verso una narrazione di tematiche essenziali per la vita di tutti noi.

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