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A Taranto non tutti quelli che muoiono sul lavoro hanno diritto all’azione consolatoria della “livella”, lo strumento della famosa poesia di Totò, capace di rendere tutti uguali di fronte all’estremo passo.” Lo dichiara Emidio Deandri, presidente   ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) di Taranto, che prosegue: “Accade anche questo nella nostra martoriata terra, dove se muore un lavoratore dell’ILVA, o anche se è solo vittima di un grave incidente sul lavoro, sulle pagine dei giornali ha diritto a mille prese di posizione, a mille espressioni di solidarietà e cordoglio, a mille comunicati pieni di “sgomento e di vicinanza ai familiari”.

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Ma se muore un dipendente di una piccola azienda mentre sta lavorando in un cantiere di una villetta, e non nella grande industria, allora questo poveretto non ha diritto a nessun comunicato di cordoglio, a nessuna presa di posizione, a nessuna espressione di solidarietà

 È accaduto – ricorda Deandri – al povero Cosimo Casulli, operaio di soli 27 anni di Massafra deceduto due giorni fa, folgorato da una scarica elettrica che ha ferito anche un suo collega di 45 anni; il povero Cosimo lascia una vedova che, a soli tre mesi dal matrimonio, non ha più visto tornare a casa il giovane marito.

Il suo incidente sul lavoro, pur essendo mortale, sui giornali non ha avuto diritto a nessun commento, solo la fredda ricostruzione del cronista della tragedia e dei rilievi del caso da parte delle autorità competenti. Qual è il “peccato originario” di Cosimo Casulli? Lavorare in una azienda con meno di 15 dipendenti? Non lavorare in una grande industria che rappresenta la controparte ideale in importanti vertenze? Perché la sua morte non merita commozione, sdegno, cordoglio, solidarietà da parte della nostra comunità?

Per l’ANMIL di Taranto – afferma Deandri – Cosimo Casulli era un lavoratore come tutti gli altri, e anche la sua vedova potrà ricevere gratuitamente dalla nostra organizzazione tutta l’assistenza necessaria per ricevere il contributo regionale riservato alle vittime del lavoro e la pensione da parte dell’INAIL che, come è giusto che sia, a prescindere alla posizione lavorativa della persona e dalla azienda in cui lavora, riconosce al coniuge tale diritto. Parimenti l’ANMIL è pronta ad assistere anche l’operaio rimasto ferito, dopo che si sarà ristabilito, nello svolgimento delle pratiche presso l’INAIL.

Rimane – conclude Deandri – la profonda amarezza per questa ennesima morte di un lavoratore che, mentre veniva folgorato, probabilmente non sapeva di essere “figlio di un Dio minore”.

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Fonte(Si ringrazia Marco Amatimaggio per la gentile collaborazione)