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Cos’è la sofferenza? Come si manifesta la sofferenza? Come si vive la sofferenza?

Questa è la tematica affrontata nell’ultima opera de “Il Gruppo Teatro Carmine” di Grottaglie, “La miticina ggiusta”, commedia in vernacolo di Gaspare Mastro. Per chi segue questo bravissimo gruppo di teatranti grottagliesi, troverà questa commedia meno esilarante delle precedenti, meno divertente, ma molto più riflessiva e introspettiva, in grado di smuovere alcuni lati bui, nascosti e tristi presenti dentro tutti noi, tanto da lasciarci una domanda senza risposta: come vivi la tua sofferenza? Come vivi i tuoi drammi quotidiani? Come sopravvivi alle tue “morti”?

L’opera si snoda attorno a due figure cardini che portano in scene due modi diametralmente opposti di vivere la sofferenza: Sofia e Nino.
La prima rappresenta una donna che non sopporta la propria “solitudine”, alla continua ricerca, attraverso “malattie immaginarie”, della considerazione dalle persone presenti nella sua vita. Una insistenza che diventa insopportabile e pesante tanto da sfociare nel ridicolo e nel buffo come mostrerà, con leggerezza, l’imitazione fatta dai bimbi.

La seconda figura è quella di un uomo, il cui “credere” di aver perso le donne della sua vita: la mamma (rappresentante il passato), la moglie (rappresentante il presente) e la figlia (rappresentante il futuro) lo induce a rinchiudersi in se stesso rifiutando di riconoscere il mondo esterno, se non attraverso le tre figure femminili della sua vita.

Il sollievo da questi dolori avviene attraverso il contatto fisico, un contatto fatto attraverso le mani, quelle dei familiari e amici che tentano di massaggiare Sofia “dolorante” e le mani di Nino che accarezza il volto di tutte le donne in cui rivede ora la madre, ora la moglie, ora la figlia.
Il rapporto tra questi due personaggi è burrascoso, in particolare, Sofia, matura una vera è propria “paura” nei confronti di Nino tanto da essere l’unica donna a fuggire dalle carezze “affettuose” di Nino.

Intorno a questi due personaggi, si sviluppano tanti altri quadri di vita che portano in scena i tanti drammi della nostra vita: la ricerca dell’affermazione lavorativa rappresentata dall’apertura di un parrucchiere, le difficoltà dei rapporti di coppia prodotte dalle rispettive diversità, la ricerca di una persona con cui condividere la propria vita o la paura di un legame duraturo e, tanto altro ancora.

Tutto ciò, rappresentato in scena con semplicità e genuinità, tanto da far sorridere il pubblico delle difficoltà della propria vita. Il tutto si conclude con il “grazie” di Nino rivolto a tutti i parenti e amici che lo hanno aiutato a sopportare l’assenza della figlia.

Ed è questa la chiave di lettura dell’opera: il rapporto con gli altri; è questa “La miticina ggiusta” tanto cercata da Sofia: “la giusta relazione con il proprio prossimo”.

 

(Si ringrazia Francesco De Angelis, autore del presente articolo,  per la gentile collaborazione, NdR)

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