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La mia terra continua a macchiarsi della morte, ingiusta e insopportabile, dei braccianti stroncati da condizioni di lavoro massacranti e insostenibili, ecco perché sono oggi qui a Bari. Alle Forze dell’ordine e alla Magistratura il compito di fare chiarezza su quello che è accaduto nelle nostre campagne, ma la piaga del caporalato è viva e vegeta e non possiamo stare a guardare”.

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Così il senatore Dario Stefàno in apertura della conferenza stampa con cui ha illustrato la proposta a propria firma per l’istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare sullo sfruttamento d’impiego di manodopera italiana e straniera nel settore, agricolo, edile, manifatturiero e dell’autotrasporto in Italia.
In passato il Senato si è già occupato del caporalato di ambito prettamente agricolo e legato geograficamente al Mezzogiorno d’Italia, ma la necessità di istituire la Commissione d’inchiesta nasce dall’esigenza di affrontare un fenomeno che negli ultimi vent’anni è profondamente mutato tanto da esprimersi anche in forme così evolute da essere difficilmente riconducibili al caporalato tradizionale, limitando di fatto l’azione per una loro sanzione e persecuzione.
Se in passato il caporalato si estrinsecava essenzialmente nello sfruttamento del lavoro femminile, assegnando una quota molto marginale alla presenza extracomunitaria, da tempo ormai non è più così. I crescenti movimenti migratori provenienti dall’Africa, dalla Penisola balcanica, dall’Europa orientale e dall’Asia hanno sensibilmente arricchito la platea dei soggetti che possono essere coinvolti nelle maglie di tale sfruttamento. Tradizionalmente il caporalato si caratterizzava per essere quasi esclusivamente legato al settore agricolo ed edilizio, oggi però le nuove formule occupazionali, declinate secondo criteri di iperflessibilità e in linea con un mercato del lavoro sempre più destrutturato, contribuiscono in alcuni ambiti ad introdurre in maniera surrettizia nuove fattispecie di questo tipo di sfruttamento.

“Una mutazione genetica – prosegue Stefàno – dove l’elemento costante, associato allo sfruttamento del lavoratore, sembra rimanere l’interesse della criminalità, oltre che di nuove forme di illiceità, a volte anche mitigate, come il cosiddetto “lavoro grigio”, dove aziende soprattutto del tessile abbigliamento rilasciano buste paghe a norma di contratto ma con meno giornate denunciate rispetto a quelle lavorate, realizzando in tal modo una evasione contributiva e fiscale e un danno economico e morale per il lavoratore.

Ciò che è stato fatto sinora –ha concluso il senatore Stefàno – evidentemente non è sufficiente a debellare quella che resta una forma di schiavitù. Ecco perché ritengo occorra attrezzarsi adeguatamente per un necessario approfondimento, al fine di assumere ancora più efficaci iniziative di contrasto”.

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