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Tempo fa scrivemmo una modesta riflessione stimolata dal pavimento di un hotel a cinque stelle nel centro di Bruxelles; in un alloggio di lusso della capitale d’Europa faceva bella mostra di sé un piastrellato come quelli che abbellivano tante case del centro storico di Grottaglie, quasi sempre oramai destinati ad essere sostituiti con altri più moderni, più resistenti, più facili da pulire, più tutto.

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Da anni la ceramica di Grottaglie continua a girare su sé stessa, incapace di trovare una strada che la traghetti verso un nuovo futuro; se è desolante constatare che a distanza di anni non si è ancora ripristinato il Calvario (nomen omen!) adiacente a porta San Giorgio, ad ulteriore testimonianza della miopia e mancanza di prospettiva di molti operatori del settore basta la scritta “vietato fotografare” che fa minacciosamente mostra di sé in molte botteghe: nell’epoca dei social, di Tripadvisor e di Facebook, il ceramista medio proibisce al turista di fargli pubblicità gratis, di far conoscere a costo zero a tutto il mondo le sue opere e il suo indirizzo, di rendere nota a chi non la conosce la sua maestria, la sua originalità la sua storia, convinto che basti un cartello per impedire a chicchessia di fotografare o filmare di nascosto la sua bottega con uno smartphone, facendo magari finta di telefonare.

Grottaglie dovrebbe “tornare al futuro” e cercare nuove strade per valorizzare il suo immenso patrimonio storico e tecnico; passato il tempo della ceramica d’uso, quando vummili e limmi furono sostituiti da bottiglie di vetro e bacinelle di plastica, archiviata la speranza di poter battere la concorrenza giocando sul prezzo (qualcuno ricorda i piatti in ceramica utilizzati da una kermesse gastronomica estiva svolta nel centro storico grottagliese con piatti realizzati dalle botteghe del leccese?) occorre avere il coraggio di osare e credere nelle proprie potenzialità; se negli empori cinese si vendono anche i piatti usa e getta con il decoro “a rigo e stella”, se botteghe e negozi del Salento leccese straboccano di “pumi” e qualche anno fa le cronache nazionali raccontavano della bomboniera matrimoniale scelta da una ricca ereditiera indiana, vuol dire che un mercato la ceramica lo ha, e questo mercato è tutt’altro che saturo, se si sanno esplorare nuove strade e soluzioni innovative. Non c’è bisogno di inventare niente (a partire da arzigogolate leggende su improvvidi mariti che volevano ribellarsi allo “ius primae noctis” del signorotto di turno, che stranamente non sono testimoniate da bambole desnude più vecchie di cinquant’anni…) ma ci si può ispirare alle “best pratice” altrui per cominciare ad elaborare percorsi vincenti. Si vada a Faenza, per constatare come quasi ogni casa o studio professionale abbia una targa in ceramica ad indicare le generalità del residente; si vada in Andalusia per apprezzare come anche il più modesto vicolo di molte città abbia il nome scritto in belle e elaborate lettere in maiolica, si abbia il coraggio di fare oggi quello che è stato fatto trenta e passa anni fa, quando la Mostra del presepe arrivò a Grottaglie dopo la partecipazione ad un evento simile in Veneto.

La promozione, nel doppio senso etimologico del termine, non può che passare da uno sforzo congiunto che unisca un attento marketing territoriale ad una rigorosa eccellenza tecnica, lo sanno bene i più famosi stilisti che per vendere le loro collezioni pret a porter si fanno pubblicità con le loro sfilate d’alta moda; a Grottaglie non mancano certo genio e tecnica, come dimostra – ad esempio – la mostra che sarà allestita a Remagen, vicino Bonn, dove sarà esposta “La Sorrentina”, un omaggio a Giò Ponti ispirato dal recupero del famoso hotel Parco dei principi a Sorrento che il famoso architetto operò negli anni sessanta. Si tratta di un’opera in mosaico ceramico, realizzata dall’architetto Ciro Masella e costituita da palline di ceramica smaltate che vengono posate una per una con diversi colori e poi stuccate con intonaco negli interstizi. L’opera è adatta all’installazione tanto all’interno che all’esterno, e ricorda, tra le altre, le strade lastricate con pietre e ciottoli di fiume che ancora arricchiscono molti borghi italiani. All’indubbio piacere cromatico, una simile opera, per la sua originalità, unisce il fascino dell’unicità, diventando un vero e proprio mandala mediterraneo grazie al quale perdersi e ritrovarsi. A ulteriore conferma di quanto una simile strada sia percorribile con successo valga notare che la mostra che sarà allestita a da gennaio a marzo, è l’ultima di una serie di eventi che dal 2015 hanno visto esposta quest’opera a Cisternino, Martina Franca, Terlizzi, Acaya, Belgrado, Grecia, Serbia, Bulgaria e Francia.

A Grottaglie non mancano artisti ispirati e artigiani esperti, altrettanto numerose sono i giovani che sono (potrebbero essere? Dovrebbero essere?) preparati dall’ex Istituto d’Arte per essere nuova linfa di un albero secolare, abbiamo un quartiere figulino che è praticamente unico nel suo genere; non si può certo dire che mancano mezzi e risorse, forse serve un po’ di umiltà da parte di alcuni, un pizzico di lungimiranza da parte di altri, il coraggio di uscire dalla propria comfort zone, il guizzo che spinga a pensare a qualcosa di diverso della pur gradevole sagra estiva a tarallucci e vino, la lucida spregiudicatezza che qualche decennio fa portò alcuni pionieri grottagliesi a conquistare i mercati delle più importanti città del mondo e la forza di osare che a fine anni ’90 chiamò nel quartiere delle ceramiche l’architetto Massimo Martini in una esperienza che (profeticamente?) venne testimoniata nel progetto “Grottaglie come altrove”.

Il mondo va avanti e corre sempre più veloce, Grottaglie deve scegliere se accettare la sfida o rimanere sul marciapiede a sventolare mestamente il fazzoletto per salutare l’ennesimo treno che si allontana.

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